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Edizione del 03/12/2021
Estratto da pag. 1
SCUOLA BENI CULTURALI E L’AQUILA FLYING IN THE WORLD, CRONACA DI UNA OCCASIONE MANCATA
L’AQUILA – La disponibilità per avviare la mai nata Scuola di alta formazione dei beni culturali dell’Aquila, da parte di una personalità dello spessore di Francesco Sisinni, personaggio influente di rilievo nazionale per vent’anni direttore generale del ministero dei Beni culturali, su invito di Marcello Vittorini, urbanista di fama internazionale, nella sua veste di componente del Cda della Fondazione Carispaq e dell’allora presidente della stessa fondazione, Pasquale Giancola, per far volare un progetto, pensato nel 2001, con tanto di registrazione alla Siae e che aveva riscosso il vivo interessamento anche da parte dell’allora sottosegretario Giovanni Legnini, dell’ex sindaco sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, dell’ex presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, dell’ex vicepresidente della Regione, Giovanni Lolli.
Sono gli ulteriori elementi che emergono in merito al progetto che poi si è perso per strada, come già raccontato da questa testata, ideato dall’imprenditore ed economista Mario Manganaro, con molteplici interessi sul territorio, che se realizzato, ben prima del terremoto del 2009, ed anche della candidatura dell’Aquila a capitale europea della cultura nel 2018, anche quella non andata a buon fine, avrebbe proiettato il capoluogo già da tempo a punto di riferimento internazionale nella gestione dei beni culturali, con una iniziativa che aveva riscosso un forte interesse ai più alti livelli istituzionali.
In realtà poi una scuola dai tratti molto simili, è nata a inizio 2015, con il nome di Fondazione Scuola Beni e Attività Culturali, per percepita nel territorio aquilano come un vero e proprio di “scippo”: la iniziativa è stata fortemente voluta dal ministro della Cultura, il dem Dario Franceschini, e di cui è direttrice, dall’agosto 2020, l’aquilana Alessandra Vittorini, figlia di Marcello, ed ex Soprintendente aquilana, nei difficili anni del post sisma, moglie del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli. Scuola salita alla ribalta delle cronache con le inchieste della trasmissione di Canale 5 Striscia la notizia, che gli ha fatto le pulci, perché, si è sostenuto, è costata finora “23 milioni di euro, quasi tutti pubblici”, e in cinque anni “ha specializzato appena 17 persone”, per un titolo di “dubbia utilità”, non essendo chiaro “il valore del titolo, visto che a livello europeo non esistono titoli post-post laurea”. Sulla vicenda ha presentato anche una interrogazione parlamentare il deputato della Lega Daniele Belotti, componente della Commissione Cultura, scienza e istruzione
L’idea della scuola di formazione era stata presentata per la prima volta nel lontano 2001 nella conferenza Stato-Regioni che si era tenuta al Forte spagnolo, da Manganaro. Progetto nato in sinergia con l’architetto Corrado Bucci Morichi, ai tempi soprintendente regionale Abruzzo, e Giovanni Bulian, soprintendente beni ambientali architettonici artistici e storici Abruzzo
Progetto subito sposato e sostenuto con forza da Marcello Vittorini, stimato urbanista abruzzese di rilievo nazionale ed internazionale scomparso nel 2011 e padre di Alessandra, membro del consiglio generale Carispaq, e poi come raccontato già da Abruzzoweb dalla Regione, ai tempi del presidente Giovanni Pace, apprezzato ai più livelli più alti, da Silvio Berlusconi a Gianni Letta, passando per il più volte ministro abruzzese della Dc, Remo Gaspari.
Una scuola pensata come una struttura accademica rivolta a studenti e studentesse italiani e stranieri, improntata alla cultura dell’autofinanziamento, prevedendo che gli specializzandi avrebbero pagato rette, e goduto di borse di studio, garantite dal settore del business privato. Inserita in un un network coordinato da una società di servizi, e diramato in altre sedi periferiche, a Roma e Milano, coinvolgendo le più prestigiose istituzioni pubbliche italiane e le professionalità private. Con tanto di comitato scientifico di livello internazionale. Ma soprattutto non a numero chiuso, come altre scuole di alta formazione italiane, e che avrebbe f
atto arrivare nel capoluogo centinaia di giovani.
Ma c’è di più, l’idea della scuola è poi diventata, nel post terremoto, solo l’architrave di un progetto molto più ampio, “L’Aquila flying on the world”, incentrato sulla valorizzazione dei palazzi storici del centro del capoluogo abruzzese, mettendo in moto l’intero settore culturale attraverso strategie di marketing operativo, mettendo a sistema a sistema arte, formazione, commercio, trasporti, tecnologia e turismo, prevedendo anche, come premessa, la realizzazione di un collegamento ferroviario veloce tra L’Aquila e Roma.
Progetto depositato alla Siae da Manganaro, arrivato sesto, nel 2013, nel concorso “Ars, arte che realizza occupazione sociale”, che metteva in palio 1 milione di euro per l’idea più innovativa e brillante, promosso dalla Fondazione italiana Accenture.
L’anno dopo il progetto è stato portato all’attenzione del sindaco, Massimo Cialente, del vice presidente della Regione Abruzzo, Giovanni Lolli, e del sottosegretario all’Economia Giovanni Legnini, oggi commissario ricostruzione post-sisma 2016, del governatore Luciano D’Alfonso, oggi senatore del Pd e presidente della commissione Tesoro e Finanze.
Ed è in questo contesto che è maturata l’intenzione di finanziare l’avvio dell’ambizioso progetto a valere su quota parte dei 1,5 miliardi di euro che l’Inail aveva messo in campo per il cratere sismico nel post-sisma, per operazioni immobiliari, ma anche per finanziare iniziative di rilancio economico e sociale, in una filosofia, mai attuata, che ha anticipato quella dei fondi Restart, a valere sul 4% dell’ammontare dei fondi destinati alla riparazione di edifici pubblici e privati.
In tal senso contatti erano stati avviati con il direttore generale dell’Inail, Giuseppe Lucibello, che in una lettera inviata tra gli altri al sottosegretario Legnini, o aveva fatto intravedere la possibilità di destinare allo scopo 200 milioni di euro nel triennio.
Tra le ipotesi per la realizzazione del progetto anche quella di una legge ad hoc come già successo per esempio per Expo Milano 2015 e per le Olimpiadi invernali di Torino 2006, che sarebbe stata di riferimento per altre analoghe iniziative.
Del progetto se era parlato l’anno prima anche a palazzo Barberini a Roma in occasione dell’esposizione due dipinti seicenteschi, “La nascita della Vergine” e “Il transito della Vergine”, di Giacinto Brandi, provenienti dal Museo Nazionale d’Abruzzo, terremotato. Alla presenza del senatore Antonio Maccanico, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Letta, di Roberto Cecchi, sottosegretario ai Beni e le attività culturali, dell’assessore alla Cultura del comune dell’Aquila Stefania Pezzopane, ora deputata, di Antonio Del Corvo, presidente della Provincia dell’Aquila, del banchiere Giancarlo Liberatore, di Roberto Marotta, presidente della Fondazione Carispaq. In quella occasione Manganaro ha ribadito un piano di azione finalizzato a ribadire la centralità dell’Italia nel mondo come beni e patrimoni storico e culturali, con L’Aquila tra le principali protagoniste di questo trend.
Poi però la grande progettualità si è conclusa con un nulla di fatto, forse perché era stato perso l’attimo. Se non il progetto “L’Aquila flying in the world”, almeno il suo nucleo centrale, la Scuola di formazione, poteva davvero diventare realtà se ci fosse stata la volontà politica, ancor più dei soldi, visto che il progetto era stato stato pensato in modo tale di aver bisogno solo di un po’ di carburante per l’avvio, ma poi avrebbe viaggiato autofinanziandosi in larghissima misura. In che modo? Si sarebbero valorizzati tre elementi; il valore umano, a partire da professori, studenti e professionisti; l’enorme patrimonio di beni immobili e architettonici rimessi a nuovo ed utilizzabili di nuovo con di fondi statali; riqualificare le scuole già esistenti, costituente ai tempi del ventennio.
Facendo un salto indietro, ancora una volta al 2003, si può leggere con un pizzico di rimpianto una lettera del
la fondazione Carispaq, a firma del presidente Pasquale Giancola, che dopo aver dato incarico a Manganaro di perorare la causa a livello istituzionale, scriveva alla Soprintendenza regionale beni culturali dell’Aquila, confermando la forte determinazione di realizzare un progetto “dell’istituzione una scuola di alta specializzazione, che utilizzando, recuperano e valorizzato il patrimonio archeologico, storico, archivistico, figurativo urbano musicale del restauro”, era in grado “in un tempo di rappresentare una opportunità di crescita economica e sociale, connotata da alta qualificazione formativa, docenti di alto profilo scientifico e professionale, stage operativi presso laboratori, cantieri, istituti diffusi sul territorio provinciale”.
Ma soprattutto la Carispaq individuò in Francesco Sisinni, oggi 87enne, la personalità giusta e forse la migliore in assoluto, per avviare il progetto preliminare della scuola.
Un civil servant che ha lavorato al ministero degli Affari esteri, poi come consulente culturale del ministro Aldo Moro e soprattutto nel 1974 collaboratore del ministro Giovanni Spadolini alla creazione dell0 stesso ministero per i Beni culturali e Ambientali dove poi Sisinni è diventato segretario generale del consiglio nazionale, e poi direttore generale per circa vent’anni, per infine essere nominato direttore generale del ministero dei Lavori pubblici. Eminente dantista, docente di filosofia e storia dell’arte in varie università italiane e straniere.
Prossimo dall’andare in pensione, si era appassionato all’idea della Scuola di alta formazione aquilana, ed era pronto a fare la sua parte.
Poi però le cose sono andate diversamente, forse per incapacità della classe politica di andare oltre l’annuncio e del pur sincero interesse. Forse perché un’idea così ambiziosa, con il passare degli anni, ha cominciato a fare gola a chi voleva semmai realizzarla altrove.
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