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Edizione del 17/11/2021
Estratto da pag. 1
No al modello Austria (per ora). Lo stop di Draghi ai governatori - La Provincia Pavese
A Palazzo Chigi per ora si ispirano al motto keep calm and carry on. La soglia psicologica dei diecimila contagiati e le notizie rimbalzate da mezzo Continente non hanno creato particolare allarme. La situazione è giudicata «assolutamente sotto controllo» e semmai occorre fare «molta attenzione» a ciò che sta accadendo in tre Regioni: Friuli, Veneto e Liguria. Un anno fa contavamo più del triplo dei contagiati e dieci volte il numero dei decessi. Il ministro della Salute Roberto Speranza aveva pronti per oggi due provvedimenti, uno per ridurre la durata del passaporto vaccinale, un secondo per introdurre l’obbligo della terza dose per il personale medico e delle residenze sanitarie. All’ultimo Mario Draghi ha deciso di prendere tempo. Nell’ordine del giorno del Consiglio di oggi sul Covid non è previsto nulla. In una curiosa inversione dei ruoli, chi preme per accelerare con le restrizioni sono i governatori. Le invocano i due leghisti (il presidente della conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga e il veneto Luca Zaia), il ligure Giovanni Toti, il campano Vincenzo De Luca. Chiedono restrizioni che faticano a chiamare «modello austriaco», ma di questo si tratterebbe: dove necessario applicare il sistema dei colori (giallo, arancione e rosso) pagherebbero pegno i non vaccinati. I presidenti di Regione hanno il sostegno di Speranza e da ieri del segretario Pd Enrico Letta. «Io sono sulla linea più rigorosa possibile, se non si fa così fra qualche settimana torniamo in lockdown e sarà troppo tardi». Il governo per ora non la pensa così. Non c’è il timore di tornare ai numeri di un anno fa, c’è fiducia nella campagna per le terze dosi e nelle regole in vigore. Un esempio su tutti: il coprifuoco imposto da ieri in Irlanda è già contemplato. Se una Regione dovesse finire in arancione, scatterebbe automaticamente il divieto di uscire di casa dalle 22 alle 5. Oggi il governo non ritiene dunque necessario imitare il modello austriaco, e imporre il lockdown ai soli no vax. «Non si può fare, spaccheremmo il Paese in due e si acuirebbero le tensioni. Non ce lo possiamo permettere», spiega un’autorevole fonte di governo sotto stretto anonimato. Stamattina i governatori ne discuteranno fra di loro, nel pomeriggio faranno la loro proposta al ministro delle Regioni Maria Stella Gelmini. Se confermeranno le intenzioni, Gelmini respingerà la proposta. Nei fatti Draghi oggi è assestato sulla linea prudente di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, e ci rimarrà finché non valuterà necessario fare diversamente. Lo fa per non scoprirsi a destra, e perché crede che il rischio per la ripresa dell’economia sia molto più grave di quello epidemiologico. Il premier - così dicono a Palazzo - non si farà per questo trovare impreparato al picco della malattia. Un decreto con un pacchetto di misure la prossima settimana ci sarà quasi certamente: introdurrà l’obbligo della terza dose per il personale sanitario, così come la riduzione nella durata del passaporto vaccinale, fin qui valido un anno. Il sistema dei colori potrebbe essere ritoccato, ma – finché non necessario – eviterà la discriminazione fra vaccinati e non. Occorrerà attendere i primi di dicembre per una decisione sulla proroga dello stato di emergenza, da cui dipende anche la sorte della gestione commissariale del generale Figliuolo. Speranza vorrebbe allungare il termine di altri sei mesi, Draghi è cautissimo. Oggi l’ultimo giorno è previsto a fine dicembre, può essere prorogato di un altro mese, dopodiché è necessario cambiare la legge istitutiva che vieta di andare oltre i due anni. E poiché si tratta di un provvedimento che deroga a molte garanzie costituzionali, a Palazzo Chigi pensano che per far firmare quella proroga al premier Draghi candidato al Quirinale occorrerebbero ragioni gravi e non rinviabili. Che oggi non ci sono. Twitter @alexbarbera
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