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Edizione del 30/09/2021
Estratto da pag. 1
Scienziati in allarme per il futuro di Venezia.
Non c’è un minuto da perdere e nulla può essere rinviato o ignorato se vogliamo salvare Venezia.
Non esistono più margini di attesa e gli scienziati altamente qualificati interpellati dall’Istituto Veneto delle Scienze, delle Arti e delle Lettere, hanno confermato i sintomi e le conseguenze di uno stravolgimento climatico.
I segnali sono già evidenti e i loro effetti, se non si porrà rimedio, saranno inarrestabili e devastanti.
La notizia conferma le previsioni che continuano ad allarmarci e ad avvertirci che il livello del mare fra cinquant’anni potrebbe alzarsi di quaranta centimetri.
Le cause principali sono quelle che si riconoscono nel riscaldamento globale e che portano inevitabilmente all’innalzamento del livello del mare attraverso la dilatazione termica dell’acqua e la fusione dei ghiacci sulle piattaforme continentali della Groenlandia e dell’Antartide.
La presenza di gas serra aumentata in atmosfera è dovuta per il 75 per cento alle nostre combustioni fossili e per il 25 per cento al cattivo uso del suolo come la deforestazione, l’agricoltura non sostenibile e la cementificazione.
L’SOS questa volta arriva con gli studi degli scienziati, d’indubbia competenza e fama mondiale, aderenti all’Ipcc Change (Intergovernmental Panel on Climate), che rivelano proiezioni davvero infauste per l’umanità.
Sulla necessaria lotta contro il tempo fin qui registrato, convergono il neo direttore dell’Istituto veneto Andrea Rinaldi, ingegnere, emerito esperto in materia idraulica e il professor Luigi D’Alpaos, da sempre attento studioso del fenomeno delle acque alte, degli scavi lagunari e dei problemi della manutenzione del Mose.
Con lo stesso intento, si pongono tutte le forze ambientaliste che da anni ‘avvertono’ inascoltate, sui possibili danni al pianeta, e così si muove la National Geographic, alla ricerca di risposte alle tante domande di salute che il nostro globo richiede, mentre si trova ad affrontare la furia di alluvioni sempre più minacciose e frequenti dovute ai cambiamenti climatici e al riscaldamento del pianeta.
Il rapporto che da sempre lega Venezia alla sua laguna è un ecosistema delicato messo a rischio dalla mano dell’uomo.
La città poggia su un substrato di detriti fluviali non ancora consolidato che provoca lo sprofondamento progressivo del terreno.
Ma l’impatto di un fenomeno locale come questo si va sommando agli effetti dell’innalzamento del livello dei mari provocato dal riscaldamento globale, trasformando un fenomeno familiare come l’acqua alta in alluvioni d’immani proporzioni che provocano un grido di allarme in tutto il mondo.
>> vedi anche: Acqua alta a Venezia: i numeri confermano innalzamento livello dei mari
Di fronte a questi scenari, gli scienziati hanno fatto della città un grande laboratorio a cielo aperto, dove capire e misurare l’effetto dei cambiamenti climatici sul pianeta e mettere a punto soluzioni capaci di salvare Venezia e con lei, le altre città costiere del mondo minacciate dall’innalzamento del livello degli oceani.
Per arginare la furia del mare e salvare Venezia, gli esperti sono inoltre alle prese con la più monumentale opera d’ingegneria idraulica mai costruita dall’uomo: il MOSE.
Un sistema che solo recentemente, entrando in funzione, è riuscito per la prima volta nella storia della città a bloccare una mareggiata.
Venezia è finalmente al sicuro? Quali saranno gli effetti dei cambiamenti climatici che si profilano all’orizzonte?
Gli scienziati concordano che “ Tra le principali attività antropiche che ancora influiscono sulla morfologia della laguna vi sono: la pesca dei molluschi è particolarmente distruttiva perché smuove il materiale sui fondali che le correnti portano via. La pesca insieme al traffico minore e la grande navigazione incidono sulla morfologia lagunare determinando perdita di habitat e, conseguentemente, perdita di biodiversità. Non trovando
il loro habitat, la fauna si sposta altrove”.
Antonello Pasini, Ricercatore, del Consiglio Nazionale delle Ricerche sull’inquinamento, durante un’intervista con il governatore del veneto Luca Zaia, ha affermato che “ l’anidride carbonica immessa nell’atmosfera resta per decenni e secoli. Inoltre il riscaldamento degli oceani è più lento (ma “inesorabile”) per via della capacità termica elevata”.
Per poi ribadire che “ Con il riscaldamento globale si è amplificata verso nord la circolazione equatoriale tropicale: gli anticicloni africani che stavano stabilmente sul deserto del Sahara adesso inondano il Mediterraneo da sud a nord e quando si ritirano, portano correnti da nord a sud. Quando ci sono correnti da sud a nord (spesso lungo l’Adriatico ci sono correnti di Scirocco), dal basso Adriatico il vento spinge l’acqua verso la laguna di Venezia”.
“Triste appurare che la pandemia ci ha permesso di capire che quando l’uomo fa un passo indietro, l’ambiente risponde in maniera positiva. Dalla variazione della torbidità dell’acqua agli effetti sulla vegetazione acquatica, abbiamo avuto tante prove a Venezia: quando l’acqua è limpida e i fondali non vengono perturbati dalla pesca, alcune specie di piante acquatiche prosperano e trattengono i sedimenti sui bassi fondali anche in caso di tempesta”.
>> vedi anche: Innalzamento mari sommergerà isole. Venezia potrebbe sparire
“Con il continuo aumentare del livello marino, le chiusure del MOSE saranno sempre più frequenti. Ma che cosa succede alla laguna quando viene chiusa in maniera semi-permanente sia a livello biologico sia di habitat? Ci saranno cambiamenti notevoli e la laguna potrebbe diventare un lago stagnante. La gestione del MOSE negli anni a venire è un problema serio. Siamo all’inizio di queste sperimentazioni ma nell’ottica di lungo periodo si devono trovare altre soluzioni”.
Andreina Corso – 30/09/2021
– O –
Dello stesso argomento:
Acqua alta a Venezia: quello studio trascurato del Centro Maree del 2013 che aveva confermato l’innalzamento livello dei mari
Il Centro Maree ha stilato il bilancio del 2013 dell’acqua alta a Venezia: sono ben 156 i casi di marea sostenuta e i numeri confermano il trend di elevazione del livello del mare.
In termini riassuntivi, il bilancio elenca:
– 156 casi di marea eguale o superiore a +80 cm;
– 6 casi di marea eguale o superiore a +110 cm, di cui uno sopra i +140 cm;
– 1 caso di marea inferiore a -50 cm.
La punta massima annuale di marea è stata registrata il 12 febbraio alle ore 0.05 con un livello di 143 cm; la punta minima il 17 dicembre alle ore 17.05 con meno 51 cm.
Un dato piuttosto singolare:
in una occasione il livello di 80 cm è stato superato da una punta minima di marea, il 23 novembre alle ore 7.05 con 84 cm.
Il livello del medio mare, calcolato sui valori orari, è risultato intorno ai 36.3 cm sullo zero mareografico di Punta della Salute: è il secondo più alto livello dopo i 40.1 cm del 2010 (che per la marea fu peraltro un anno record sotto molti aspetti) e nettamente superiore ai 29.3 cm del 2012.
Il livello mensile massimo si è registrato a novembre, con 51.6 cm, il minimo a dicembre con 24.6 cm; da notare che i livelli di marzo (45.8 cm) e di maggio (39.9 cm) sono i più alti mai registrati in quei due mesi.
Questi dati confermano il trend di elevazione del livello del mare, che negli ultimi dieci anni ha avuto una media sui 30 cm, dovuti quasi tutti (salvo uno scarto minimo causa subsidenza, cioè l’abbassamento del suolo) all’eustatismo, cioè all’innalzamento del livello del mare, come documentato dall’eguale andamento del caposaldo di Trieste.
Una ulteriore conferma viene dal fatto che oltre la metà degli eventi di marea sostenuta di quest’anno (85) ha registrato livelli di poco superiori agli 80 cm e non superiori ai 90 cm; altra conferma è la carenza di maree inferiori a -50 cm. Il livello medio della pressione atmosferica è stat
o di 1014.4 hPa, di poco inferiore ai 1014.8 del 2012.
Le alte maree eguali o superiori a 80 cm furono 103 nel 2012, 60 nel 2011, 202 nel 2010 (il dato del 2013 è quindi il secondo nella graduatoria), quelle eguali o superiori a 110 cm furono 8 nel 2012, soltanto una nel 2011, 18 nel 2010.
Il direttore del Centro Maree, Paolo Canestrelli, dopo aver sottolineato la conferma del costante innalzamento del livello del mare, sulla base dei dati sopra citati, ha voluto mettere in risalto gli insoliti alti livelli del medio mare nei primi mesi dell’anno, collegati al tempo molto perturbato, tanto che delle sei maree sopra i 110 cm se ne sono verificate una a febbraio, una a marzo, due a maggio, mentre l’autunno ha avuto un andamento sostanzialmente tranquillo.
Redazione – 05/01/2014
– O –
Dello stesso argomento:
I cambiamenti climatici: la cause. Dal 2021 le foreste dell’Amazzonia assorbono meno anidride carbonica di quanta ne producono.
Il polmone del pianeta non respira più come dovrebbe: tra i capovolgimenti che i cambiamenti climatici stanno provocando, uno studio rivela che la foresta amazzonica ora emette più Co2 di quanto riesca ad assorbirne, un miliardo e mezzo di tonnellate all’anno per l’esattezza, contro il mezzo miliardo di tonnellate che il respiro della vegetazione riesce a sottrarre.
Il saldo, un miliardo di tonnellate, è pari al totale delle emissioni annuali del Giappone.
Un dato – sottolineano gli scienziati – che rilancia la necessità di ridurre l’impatto dell’anidride carbonica sulla Terra il più in fretta possibile.
>> vedi anche: Acqua alta: raggiunti 102 cm. questa mattina a Venezia. Attesi 135 domani
Lo studio ha confermato per la prima volta quanto già si sospettava.
La maggior parte delle emissioni sono causate da incendi, molti dei quali deliberatamente appiccati per sgombrare il terreno e favorire la produzione di carne bovina e soia.
Ma anche senza incendi – precisa lo studio pubblicato su Nature di cui riferisce il Guardian -, sarebbero bastati l’aumento delle temperature e la siccità, comunque favoriti dalla deforestazione, a trasformare l’Amazzonia sud-orientale, un tempo pozzo apparentemente inesauribile di ossigeno che ha assorbito finora circa un quarto di tutte le emissioni di combustibili fossili dal 1960, in una fonte di Co2.
Altre ricerche avevano già sottolineato il pericolo, ma questa, frutto di una collaborazione tra vari istituti, lo ha confermato con dati più accurati, ottenuti utilizzando per le rilevazioni piccoli aerei invece di satelliti.
Sotto accusa, e non da oggi, è in primo luogo il presidente del Brasile Jair Bolsonaro, criticato per aver incoraggiato una deforestazione selvaggia, la peggiore da 12 anni a questa parte, mentre gli incendi hanno provocato nel mese di giugno i danni peggiori dal 2007.
“Abbiamo bisogno di un accordo globale per salvare l’Amazzonia”, ha detto Luciana Gatti, dell’Istituto nazionale per la ricerca spaziale in Brasile che ha guidato la ricerca.
Alcune nazioni europee hanno affermato che bloccheranno un accordo commerciale dell’Ue con il Brasile e altri Paesi a meno che Bolsonaro non accetti di fare di più per affrontare la distruzione dell’Amazzonia.
Redazione – 15/07/21
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Venezia sparirà ben prima perchè, perdendo 1000 residenti all’anno, tra 50 anni non sarà più abitata, quindi sarà una città MORTA. Ma di questo ben più imminente problema non ne parla nessuno, e soprattutto non fa nulla nessuno, a cominciare dal Comune che non acquisisce nuovi alloggi per residenti e, anzi , in centiva l’uso turistico della città e l’afflusso di turisti che la rendono invivibile. La Regione invece ha contribuito allo spopolamento grazie alla sua le
gge sui bed & breakfast. Grazie a tutte le istituzioni che se ne sono fregate e se ne stanno fregando!
Mi aspetterei un dibattito internazionale anche su questo, ma …l’Unesco ha detto che Venezia non è più in pericolo: cosa devo pensare?
Vorrei anche vedere i veneziani rimasti agire in modo deciso e forte, con manifestazioni e proteste, ma non vedo segnali…
Addio Venezia…
Prof. Fabio Mozzatto
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