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Edizione del 20/08/2021
Estratto da pag. 1
«Lega e azzurri uniti. In regione può nascere il grande laboratorio del centrodestra»
Dreosto rilancia la proposta di Roberti. Savino: «Idea di Berlusconi». Nessun dubbio da parte di Dipiazza. Resta la freddezza di FdI
TRIESTE Lega e Forza Italia lavorano anche in Friuli Venezia Giulia per l’unione politica promossa da Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Il Carroccio propone a Trieste la creazione di un gruppo unico in Comune dopo le elezioni e gli azzurri rilanciano, con la benedizione dell’uscente Roberto Dipiazza. Per cementare il dialogo, la segreteria forzista si smarca dallo scontro monfalconese fra la sindaca leghista Anna Cisint e il berlusconiano Giuseppe Nicoli. Amorosi sensi per Lega e Fi, insomma, ma pure la freddezza di Fratelli d’Italia, che dal partito unico vuol stare ben separato e distinto. L’unificazioneL’idea del gruppo unico triestino l’ha lanciata il segretario provinciale leghista Pierpaolo Roberti. Il segretario regionale Marco Dreosto spiega che «l’idea è lavorare a una federazione con Forza Italia: conservare le identità ma parlare con voce unica. A Trieste e in regione possiamo essere un laboratorio». E Fdi? «Il 90% di quel che dicono – evidenzia l’europarlamentare – va bene alla Lega e viceversa». Sposa la strategia la deputata Sandra Savino, sempre fedele alla linea del suo leader maximo: «L’idea è anche di Berlusconi, con l’auspicio che ci sia Fdi». Il sigillo finale lo mette Dipiazza: «Un’idea giusta, visto che la maggioranza vota senza mai distinguo. La lista del sindaco sarebbe della partita. Bisogna fare due partiti e basta: repubblicani e democratici».Il matrimonio si preannuncia soltanto a due, come d’altra parte a Roma. Fdi è all’opposizione del governo e cresce per la capacità di occupare la destra dello spazio politico. Per il segretario triestino Claudio Giacomelli, «le diverse sensibilità sono una ricchezza per la coalizione e vanno preservate. Il gruppo unico non è una grande opportunità, ma serve confronto continuo».Il caso MonfalconeNell’ormai ritrovato clima di armonia tra salviniani e berlusconiani, spicca lo strappo a Monfalcone. L’ex vicesindaco e capogruppo in Consiglio regionale Nicoli è in guerra aperta con la prima cittadina Cisint. Antipatie personali, dicono i ben informati. Nicoli parla di scelte politiche non più condivise e annuncia una candidatura alternativa alle amministrative del 2022. Dopo giorni di tensioni, interviene la coordinatrice forzista Savino: «Una polemica solo locale che non mette in discussione l’unità del centrodestra». La linea Nicoli è sconfessata ma, sul sostegno alla ricandidatura di Cisint, Savino lancia un salvagente al suo uomo: «Prima sentiamo cosa vuol fare lei». La sindaca di Monfalcone sfoglia la margherita da mesi. Non è un mistero che ambisca a più alti incarichi in Regione o in Parlamento, ma la Lega la vuole riconfermare dov’è. Lei prende tempo e pianta precisi paletti: «Non accetterò la ricandidatura se la coalizione non sarà coesa», dice rispondendo a Nicoli, che ieri l’ha nuovamente criticata sulla gestione dei rifiuti. Sul possibile bis, Cisint dice che aveva «deciso di fare un solo mandato, ma non voglio lasciare una città a cui abbiamo cambiato volto». Due anni di elezioniIl sugo della politica sobbolle, riscaldato dalla lunga sequenza di elezioni in arrivo: le amministrative di Trieste e Pordenone nel 2021, quelle di Gorizia e Monfalcone nel 2022, le regionali nel 2023, con l’incognita che si tengano o meno assieme alle politiche. Dipenderà dalle votazioni per il presidente della Repubblica a inizio anno prossimo e da ciò che farà Mario Draghi. La nomina del capo dello Stato sarà un test probante per la tenuta di una coalizione che ha due gambe al governo e una all’opposizione. E saranno determinanti anche i turni locali. A ottobre il centrodestra correrà unito ovunque, dopo aver trovato non senza fatica l’accordo a Grado e Latisana (a breve si scioglierà il nodo San Giorgio). Ma saranno Trieste e Pordenone a dire quanto pesano i partiti del centrodestra, verificando la tenuta della Lega, la resilienza di Fi e l’ascesa di Fdi. Punti importanti per delineare lo scenario delle regionali, che distano due anni ma che profilano Massimiliano Fedriga in campo, senza ancora uno sfidante. Fedriga lavora intanto alla creazione alla lista del
presidente. Girano sondaggi. L’ipotesi è accreditata fra il 15% e il 30%, ma non è chiaro quanto la civica svuoterebbe i voti della Lega. È però un dato di fatto che gli eletti del Carroccio siano in fibrillazione: temono la concorrenza e la mancata rielezione. Qualche passaggio a Fdi non è escluso. L’altro dato di fatto è che sono iniziati i corteggiamenti al governatore per entrare in lista. Il traffico è gestito dal vicepresidente Riccardo Riccardi – sempre più rivolto al superamento di Fi e alla necessità di dare rappresentanza all’area moderata e collocazione agli amministratori berlusconiani – e dall’assessore Sergio Bini, che vi vede lo sbocco naturale di Progetto Fvg. Fedriga lascia fare, governa dando ampie deleghe alla giunta, ricopre il pesante ruolo di presidente della Conferenza delle Regioni, si gode un gradimento al 77% e aspetta di vedere se Lega e Forza Italia si uniranno davvero