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Edizione del 24/05/2021
Estratto da pag. 1
Il piano Figliuolo: dai grandi hub ai vaccini a casa (con il rebus dosi)
Coinvolgere la totalità dei medici e pediatri di famiglia, dei farmacisti e di tutti gli altri operatori sanitari nella campagna vaccinale per abbandonare gradualmente il modello dei grandi hub. Cambia la strategia della profilassi di massa orchestrata dal commissario all’emergenza, Francesco Paolo Figliuolo, che invita le Regioni a chiamare all’appello tutte le forze a disposizione del servizio sanitario nazionale.

Obiettivo del generale la capillarità delle somministrazioni con un «graduale passaggio da vaccinazioni effettuate in maniera centralizzata presso gli hub vaccinali verso un sistema di vaccinazioni delocalizzate molto più capillare e prossimo ai cittadini». Queste le indicazioni contenute nelle nuove linee guida firmate dal commissario per la prosecuzione delle campagna vaccinale. C’è quindi ancora molto lavoro da fare visto che su quasi 20mila farmacie al momento hanno aderito poco più della metà, 11.500. Sono già pronti dopo aver seguito il corso abilitante ad hoc 20mila farmacisti e nei prossimi giorni lo concluderanno altri 3.000.

Firmato anche un protocollo d’intesa tra il ministero della Salute, le regioni e la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnop) per coinvolgere gli infermieri nelle vaccinazioni a domicilio dei non autosufficienti che sono quelle più indietro.

Tra i circa 45mila medici di famiglia al momento uno su tre è coinvolto nelle vaccinazioni. Filippo Anelli presidente della Fnomceo, la Federazione degli ordini dei medici, afferma che i medici sono pronti e anzi chiede che siano sempre più coinvolti in modo da «delocalizzare gradualmente le vaccinazioni, portandole vicino ai pazienti più fragili. I medici però passata la fase emergenziale chiedono di avere nei loro studi «l’ausilio di personale adeguato e necessario: infermieri, assistenti di studio e collaboratori amministrativi».

Figliuolo dunque insiste nell’incalzare le regioni sia per ribadire la priorità della campagna che resta quella di proteggere i «soggetti fragili, over 60 e cittadini che presentano comorbilità». Un obiettivo che, avverte il generale, in alcune aree è stato «perso di vista» e dunque le categorie non sono state messe in sicurezza. Un rimprovero indirizzato al presidente della Conferenza delle regioni, Massimiliano Fedriga. I governatori sono stati anche invitati a dare un taglio ad annunci «di azioni non coordinate preventivamente con la struttura commissariale e non inserite in un piano coerente a livello nazionale» con il rischio di «confondere l’ opinione pubblica e minare la fiducia tra regioni». Il generale allude sia al dibattito aperto sulle vaccinazioni nei luoghi di vacanza sia ad iniziative come quella della profilassi per i maturandi promosse in alcune regioni.

La necessità di velocizzare la campagna però rischia di scontrarsi come al solito con la disponibilità delle dosi. A fare i conti sulle dosi che mancano è Federico Gelli, presidente della Fondazione Italia in Salute. I conti del primo semestre non tornano per Gelli. Erano previste 69 milioni di forniture vaccinali ma, al 21 maggio 2021, ne sono arrivate 32,314 milioni. Le forniture di Pfizer previste per il primo semestre sono 32,630 milioni ma quelle consegnate sempre al 21 maggio sono 22,141 milioni. Le forniture previste per Astrazeneca al primo semestre sono 15,4 milioni ma al 21 maggio sono ferme a 7 milioni. Anche le dosi di Moderna avrebbero dovuto essere 6 milioni, mentre le forniture effettive al 21 maggio sono 2,640 milioni. Infine per Johnson&Johnson le dosi consegnate effettive sono solo 511 mila contro oltre 7 milioni attese.

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