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Edizione del 13/05/2021
Estratto da pag. 1
Chi apre e chi aspetta: una Milano tra riaperture e incertezze
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Parole d’ordine: pazienza e responsabilità. Il Governo lavora a nuovi allentamenti delle restrizioni anti-Covid, ma sempre nel nome della prudenza. E così, per il momento, non si profilano novità immediate per quanto riguarda ulteriori riaperture, facendo fede il calendario già stilato dallo scorso 26 aprile.

Dialoghi. Quel che appare certo è che il coprifuoco non sarà cancellato: l’ipotesi più probabile è che da lunedì 24 maggio slitterà di un’ora, dalle 22.00 alle 23.00,
in linea con le scelte fin qui operate, ad esempio, da Francia e Germania. Il nuovo orario verrà formalizzato nel Consiglio dei ministri che potrebbe tenersi il 18 o il 19 maggio, quando verrà varato un decreto ad hoc contenente ulteriori misure in tema riaperture.

Matrimoni. Quelle delle nozze poi «sono una occasione di socialità che può favorire i contagi». E qui il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha assicurato di comprendere «la preoccupazione di chi si accinge a sposarsi», concede una nota di memoria personale («il festeggiamento è un desiderio che abbiamo avuto tutti»), ma ha allontanato brindisi e confetti: «È fondamentale avere pazienza per evitare che una occasione di gioia e spensieratezza si trasformi in un potenziale rischio per i partecipanti». L’ipotesi più gettonata è che il wedding potrà ripartire intorno a metà giugno.

Commercio. C’è anche da affrontare il pressing dei centri commerciali che chiedono ormai a gran voce la riapertura nei fine settimana, probabile dalla fine di maggio. Analogamente c’è l’ormai noto tema dei ristoranti al chiuso: il decreto attuale fissa al 1 giugno la riapertura a pranzo per questi locali, senza accennare minimamente ai servizi serali di cena. Attendono segnali anche le palestre, in ripartenza ufficiale a giugno.

Le piscine all’aperto, invece, possono ripartire già nei prossimi giorni. A Milano, tempo permettendo, domenica 22 maggio si potrà tornare in vasca alla Cardellino, alla Romano e alla Sant’Abbondio, dove già in questi giorni si lavora per il riempimento e le sanificazioni.

Via i colori? Per i rischi si valuterà l’RT ospedaliero

Una fase nuova, che porterà nuovi (e pochi) parametri da adottare per la valutazione del rischio Covid in Italia, alla luce dell’aumento di vaccinazioni e in vista della stagione turistica. Governo e Regioni lavorano insieme per mandare in cantina il vecchio sistema del monitoraggio: via i vecchi indicatori, la bussola saranno gli indici di contagio e il tasso di occupazione degli ospedali, senza escludere che le ‘zone rosse’ possano essere sempre più limitate a piccoli territori.

Regioni. La proposta dei governatori è giunta attraverso un documento consegnato all’Esecutivo e con il quale c’è un’intensa collaborazione in questi giorni. Lo scopo è di entrare «un’ottica di superamento definitivo del sistema delle zone – come ha sottolineato lo stesso presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga – e di «garantire ai territori la necessaria tutela da repentini declassamenti».

I quattro colori però almeno per il momento resteranno, ma saranno vincolati soltanto all’indice di contagio. Sarà stabilito anche un numero minimo di tamponi da effettuare, che sia proporzionale ai quattro livelli di incidenza: in zona rossa, che scatterebbe con oltre 250 casi Covid su 100mila abitanti, andrebbe effettuato un minimo di 500 tamponi. In arancione, tra i 150 e i 249 casi, il minimo è 250 test. In gialla, tra i 50 e 149 casi, se ne effettuano almeno 150.

In bianca, fino a 49 a casi, almeno 100. Ma il passaggio in zona rossa avverrebbe anche se il livello di occupazione di area medica ospedaliera e area intensiva arrivasse rispettivamente al 40% e al 30% (oppure, altra ipotesi, 30% e 20%), dunque con il calcolo del cosiddetto “Rt Ospedaliero”.

L’idea dei governatori è anche quella di ancorare definitivamente a questi indicatori le varie aperture (con il coprifuoco che rimarrebbe soltanto in area rossa), generando “automatismi per gli scenari che coinvolgono le attività sociali ed economiche».

Soglie che potranno essere riviste anche ogni mese, in relazione alle coperture vaccinali raggiunte e all’evoluzione dello scenario epidemiologico. Resta fissata per lunedì, intanto, la cabina di regia del Governo, che avrà come tema centrale il coprifuoco ma punterà anche a fissare nuove date.

Lucaroni (Centri Commerciali): «Ci aspettiamo una risposta dai clienti»

Come tutte le attività al chiuso i centri commerciali sono stati tra i più c
olpiti dalla pandemia. Ora si prospetta la riapertura: con Luca Lucaroni, vicepresidente del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali, esaminiamo la situazione di una categoria molto provata.

Qual è lo stato d’animo del settore?

«Tra l’arrabbiato e il depresso. Dopo il 3 novembre, con le chiusure del fine settimana, non abbiamo dato più segni di vita: abbiamo avuto ben 140 giorni di chiusure cui si devono sommare le zone rosse».

Quali sono le conseguenze dal punto di vista economico?

«A marzo abbiamo registrato -40%, con l’abbigliamento che è arrivato a -50% e la ristorazione -70%».

C’è stata anche una protesta.

«E’ stata una manifestazione civile, concertata, un flash mob nei centri commerciali con la chiusura alle 11 delle saracinesche che ha ottenuto il 90% della partecipazione».

Quali sono le prospettive di riapertura?

«C’è stato un incontro a Roma, al quale hanno partecipato anche le associazioni che rappresentano il commercio e la distribuzione, con i partiti politici: il 22 è prevista la riapertura».

E’ una data sicura?

«Per noi è il giorno della speranza. La settimana prossima avremo la conferma».

A quali condizioni si riapre?

«Lo deciderà il governo, noi comunque siamo pronti ad adottare quelle dell’estate scorsa: mascherine, sanificazioni, accesso di una persona ogni 10 metri quadrati».

Sono sufficienti?

«Non abbiamo mai avuto focolai, ad ogni modo faremo quanto necessario: lo abbiamo detto al ministro Gelmini».

Quanti riusciranno a riaprire?

«Abbiamo 40mila esercizi, di questi 7mila rientrano nelle piccole e medie imprese, sono quelle più a rischio. Sarebbe importante che dal governo arrivasse qualche sostegno».

Per esempio?

«Il credito d’imposta per le locazioni. Ci sono in gioco tante imprese, molti posti di lavoro, soprattutto per quanto riguarda la Lombardia».

In che termini?

«Rispondo con i numeri: 9.149 negozi, 275 centri, 185 mila dipendenti su 570mila nazionali».

I centri commerciali svolgevano anche un ruolo ricreativo: lo riacquisteranno?

«Siamo una realtà viva, ricordo che in diversi centri si sono fatti i vaccini: credo che ritorneremo a essere un riferimento, certo ci vorrà del tempo».

Quale risposta vi aspettate dai clienti?

«Abbiamo visto in questi giorni che i locali sono stati presi d’assalto sin dal primo giorno della riapertura: una risposta forte anche per noi sarebbe importante».

Bisconti (Milanosport): «Abbiamo perso 4 milioni di euro»

Buona parte dello sport praticato in città passa per la Milanosport, la società controllata del Comune che gestisce gli impianti sportivi e promuove le discipline più popolari. Una di queste è il nuoto che domani riapre i battenti: Chiara Bisconti, presidente della municipalizzata, spiega a Mi-Tomorrow il significato di questo evento.

Partiamo dalle dimensioni: quanti impianti gestite?

«Ventuno, abbiamo 130 dipendenti che diventano 500 se consideriamo gli esterni che lavorano con noi».

Da quanto tempo siete fermi?

«Da fine ottobre dello scorso anno».

Con quali conseguenze sui conti?

«Molto pesanti, purtroppo abbiamo accusato un perdita di 4 milioni di euro».

Quante persone frequentavano Milanosport nel periodo precovid?

«Oltre due milioni e mezzo di presenze l’anno, abbiamo 40 mila iscritti: per le persone la chiusura degli impianti si è rivelata una privazione molto forte, basti pensare che molti sono bambini, noi svolgiamo un servizio di base».

Chi frequenta gli impianti?

«Non solo i giovanissimi, ci sono persone di tutte le età, compresi molti della terza età».

E’ stata una chiusura totale?

«E’ stato possibile svolgere solo lo sport agonistico».

Come avete organizzato la riapertura?

«Con un programma che arriva sino a settembre. Iniziamo subito con l’apertura di tre piscine, Romano, Sant’Abbondio e
Cardellino, dal primo giugno Salini e Argelati».

Come farete per le piscine coperte?

«L’idea è utilizzarle tenendo le porte aperte per consentire la massima aerazione possibile e renderle simile alle altre».

E il Lido di Piazzale Lotto?

«Il Lido è interessato a un progetto di riqualificazione affidato a una società spagnola attraverso il project financing. Non potremo più utilizzarlo per il nuoto ma per altri sport come il tennis, potremo fare anche il campus allo stesso modo delle piscine Saini e Iseo».

Avete ideato qualche novità per questa estate?

«Negli spazi all’aperto delle piscine, in particolare nei giardini, si potrà praticare il fitness».

Quali sono le prospettive per settembre?

«Stiamo lavorando affinchè siano operative tutte le piscine, in alcune sono previsti anche lavori per renderle più moderne».

Ad esempio?

«La piscina Suzzani sarà ristrutturata, per la Parri Mengoni è prevista l’apertura di un nuovo centro».

La stagione potrà partire regolarmente?

«Covid permettendo, noi siamo pronti. Già questa estate sarà l’occasione per fare ripartire gradualmente tutta l’attività»