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Edizione del 10/05/2021
Estratto da pag. 1
NUMERI COVID/ 4 obiezioni che smontano l`Rt, ecco l`indicatore giusto da seguire
Finalmente si comincia ad avere coscienza dell’inconsistenza di alcuni degliindicatori della epidemia che vengono utilizzati come criteri per lasuddivisione in fasce di rischio delle nostre regioni.Il primo sul banco dell’accusa è il celebre indice Rt che ha vissuto in passatoperiodi di grande popolarità, ma che oggi in alcune regioni continua a crescereanche in una fase di evidente recessione della pandemia. Dando voce a moltigovernatori di Regione, il presidente della conferenza delle regioniMassimiliano Fedriga lo ha apertamente criticato in un recente podcast diRepubblica non considerandolo un indicatore valido al quale affidare laclassificazione in regioni nelle varie fasce colorate.BREVETTI VACCINI/ La vita breve (e i rischi) del "geo-populismo" di BidenHo personalmente espresso questo parere già in passato in diverse occasioni (adesempio nella mia intervista del 27 gennaio scorso) e più recentemente in unaintervista sull’edizione online de Il Giornale del 30 aprile.In tali occasioni ho sottolineato come la stima di Rt si fondi, infatti, su unmodello per il quale sono lecite alcune perplessità che riassumo sinteticamentequi di seguito rimandando ai link per approfondimenti:"Cina prepara terza guerra mondiale con coronavirus"/ Dossier choc: "Già dal2015..."a) alcune grandezze del modello sono fissate a priori (ad esempio il tempo digenerazione) sulla base di osservazioni ormai obsolete;b) la stima ufficiale del numero di infetti utilizzata nel modello si vadistanziando sempre più dal dato reale data la abnorme sottostima degliasintomatici/paucosintomatici;c) l’ampiezza dell’intervallo di tempo considerato è soggettiva e influenza ilcalcolo di Rt;d) la stima di Rt a livello sub-nazionale (ad esempio regionale) è estremamenteinaffidabile.Nella fase iniziale dell’epidemia lo scorso anno tale indicatore è statopreziosissimo come misura a livello nazionale in un periodo nel quale ilmodello era appena stato tarato su dati recenti, la stima degli infetti non eratroppo lontana dalla realtà e tutto l’intervallo di tempo trascorso da inizioepidemia veniva preso in considerazione. Oggi non lo è più.LOMBARDIA, BOLLETTINO CORONAVIRUS 9 MAGGIO/ 33 morti, 1.326 nuovi casi, -124ricoveriIn realtà, come affermiamo da tempo insieme a molti altri statistici, con pochiaggiustamenti il parametro potrebbe essere stimato in maniera molto piùcorretta, ad esempio aggiungendo ai circa 300mila tamponi giornalieri qualcosacome 3mila tamponi (solo l’1% in più!) raccolti non per fini di sorveglianzasanitaria, ma selezionando il campione con criteri rigorosi per il solo scopodi conoscenza statistica del fenomeno per stimare correttamente, inparticolare, il numero di persone infette includendo gli asintomatici.Tuttavia, ad oggi, tale proposta non è ancora stata ascoltata. L’anno scorso,probabilmente a ragione, nella fase iniziale di estrema emergenza, si èconsiderato che il sistema sanitario non fosse in grado di sostenere taleiniziativa, ma ora, probabilmente, si crede che essa non sia più necessariaritenendo di esserci ormai avviati verso la recessione dell’epidemia. È unerrore. La sorveglianza statistica della diffusione della pandemia sarà inveceun aspetto di fondamentale importanza ancora nei mesi (e negli anni) a venireper prevenire e controllare tempestivamente nuove possibili insorgenze delSars-Cov-2 e per farsi trovare pronti per l’eventuale insorgenza di altrivirus.Un secondo indicatore dell’epidemia altamente inaffidabile è l’incidenza(numero di nuovi casi) settimanale per 100mila abitanti, un dato troppoinfluenzato dal numero di tamponi effettuato eppure decisivo nella definizionedelle aree di rischio. Infatti, più tamponi si effettuano più l’indicatore salea prescindere dalla pericolosità della situazione. Affidare al superamento diuna soglia di tale indicatore la decisione se chiudere o riaprire appare quantomeno azzardato.Ogni buon cuoco sa bene che quando gli ingredienti sono di scarsa qualità èinutile mettersi a cuocere una pietanza complessa. Meglio fare un buon uso deipochi ingredienti che si hanno a disposizione e cercar
e di portare in tavola unpiatto semplice. E i soli ingredienti che abbiamo che sono dotati di una certaqual affidabilità (pur con qualche riserva) ad oggi sono: 1) il numero didecessi, 2) il numero di ricoverati in terapia intensiva, 3) Il numero deiricoverati con sintomi e 4) il tasso di positività dei tamponi.Questi indicatori, per fortuna, sono tutti in decrescita a livello nazionale.Il numero di decessi è tornato in (lenta) decrescita a partire dal 14 aprile(da 477 a 237 decessi giornalieri su media settimanale); i ricoverati interapia intensiva sono costantemente scesi da 3.713 a 2.368 a partire dal 7aprile (con gli ingressi che nello stesso periodo si sono dimezzati da 227 a122). In calo dal 2 aprile anche i ricoverati con sintomi (passati da 28.935 a17.347) ed il tasso di positività il quale, dopo aver raggiunto il picco il 7aprile scorso, è sceso con ritmo costante da 7,1% a 3,8%.Tuttavia, questi numeri assolutamente incoraggianti non devono indurci adabbassare la guardia come se la pandemia fosse ormai alle spalle. L’anno scorsoeravamo infatti in una situazione migliore di quella attuale quanto a numeriassoluti, eppure eravamo psicologicamente molto più cauti e disposti adaffrontare ancora il lockdown più severo per 10 ulteriori giorni prima delleprima timide riaperture. Guardando la tabella seguente, in effetti, notiamo cheil numero dei decessi giornaliero un anno fa era sostanzialmente identico aquello odierno, mentre tutti gli altri valori erano più bassi di quelliattuali, in particolare il tasso di positività ed i ricoverati in terapiaintensiva. I ricoverati in terapia intensiva oggi sono circa il doppio diquelli dell’8 maggio 2020![20210510_arbia_1]Siamo quindi in una fase assolutamente decrescente, ma ancora molto caldadell’epidemia. Abbiamo poi imparato a nostre spese, e guardando le esperienzedi altri paesi, come la guardia non vada mai abbassata pena il rischio di nuoveimpennate dei contagi.Ma è il buon andamento della campagna vaccinale a consentirci di sperare che lasituazione migliori rapidamente anche quanto a numeri assoluti. Abbiamo infattisomministrato finora già 16 milioni di prime dosi (il 27,5% della popolazione,rispetto ad una media europea del 23%) e 7 milioni di persone sono ormaiinteramente vaccinate (12,18% contro la media europea di circa 11%).Con la priorità che si è assegnata alle persone più deboli ed anziane questodovrebbe produrre rapidamente una diminuzione dei casi letali e quindi unridimensionamento della gravità degli effetti del virus sulla popolazione.— — — —Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazionedi qualità e indipendente.SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI © RIPRODUZIONE RISERVATA