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Edizione del 11/04/2021
Estratto da pag. 1
Il filo che lega virus e scelte della politica
L''editoriale: buona domenica. Due milioni e 300 mila italiani hanno ricevuto una dose fuori dalle evidenze di priorità, saltando la fila oppure occupando legalmente posti privilegiati senza reali esigenze. In Toscana uno degli scenari peggiori
L'editoriale: buona domenica. Due milioni e 300 mila italiani hanno ricevuto una dose fuori dalle evidenze di priorità, saltando la fila oppure occupando legalmente posti privilegiati senza reali esigenze. In Toscana uno degli scenari peggiori

È molto triste vedere esultare chi si accontenta di transitare da una zona rossa a una arancione. È molto triste questo relativismo al ribasso, questo accontentarsi senza godere realmente, questo balletto triste di rappresentanti istituzionali impegnati in giri delle sette chiese televisive al cospetto di reggitori di microfono più che compiacenti.

Un rito penoso, specie se si arriva in fondo a una settimana tutt’altro che piacevole, e non solo sul fronte dell’emergenza Covid. Il contatore dei morti viene quasi ignorato, così come il livello di saturazione dei reparti ospedalieri. In pochi ormai guardano medici e infermieri come eroi di fronte ai quali spendere belle parole e sincera commozione.

Adesso questa è l’Italia – per fortuna con molte e lodevoli eccezioni – che prova a trovare scorciatoie e architetta imbrogli per saltare la fila dei vaccini, legalmente e illegalmente. In Toscana, fra le regioni meno virtuose in questo senso, fragili e fragilissimi sono costretti a umilianti e inaccettabili slalom fra snervanti attese di fronte alle riffe digitali chiamate click day. Altro non sono che moderne versioni delle tessere annonarie, quelle che in tempi di guerra permettevano rifornimenti minimi vitali. Solo che adesso a essere razionati sono i diritti. Ed è una cosa indegna, con gli ultraottantenni costretti a vergognose attese, mentre i vaccini vengono iniettati in un caso su tre a saltatori di fila e a categorie elevate al rango di marchesi del Grillo del prezioso siero. In Toscana è toccato agli avvocati, a Taranto ai sacerdoti, a Treviso ai giornalisti».

Non è una questione di schieramenti politici, è bene precisarlo. Almeno qui in Toscana le critiche che hanno investito il presidente della Regione Eugenio Giani e l’assessore alla Sanità, Simone Bezzini, sono arrivate dalle opposizioni e da esponenti dell’area di centrosinistra. È tutto il contrario di quanto accadeva nella prima ondata dell’emergenza, poco più di un anno fa, quando un autorevole rappresentante dell’opposizione, il senatore forzista Massimo Mallegni arrivò a dichiarare: «Siamo divisi su tutto, ma per come ha fronteggiato l’emergenza il presidente Enrico Rossi è stato il più bravo in assoluto».

Adesso si fa fatica a trovare qualcuno che possa difendere apertamente il successore di Rossi. Non lo ha potuto fare neanche il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, non solo alleato ma anche amico di Giani.

Nel frattempo si sono moltiplicati i casi di disperazione palese di intere categorie messe con il culo per terra da mancati risarcimenti (o ristori, sostegni e rilanci che dir si voglia). Non che la Regione sia stata assente, ha fatto molto per quel che poteva, il vero problema qui è più in alto: riguarda gli ultimi due governi. E la fila di quelli che non ce la fanno, ora comincia a superare pudori e vergogne.

Siamo certi che sia ancora il caso di pensare solo alle riaperture delle attività senza avere una strategia complessiva? Il vaccino prima o poi riusciremo a farcelo somministrare tutti, ma il problema vero è che non sappiamo se servirà solo a sopravvivere o se quel che resta del sistema economico potrà farci tornare a una vita normale.

I dubbi, in questo senso, sono tanti. Enormi. E, purtroppo, crescono al cospetto delle “altre” notizie, quelle che nei giornali vengono dopo i titoli sull’emergenza Covid. Sembrano slegate dalle prime ma non è così, perché i protagonisti sullo sfondo sono sempre quelli. Gli uomini che occupano le Istituzioni, quelli che – tanto per fare un esempio legato alle cronache degli ultimi giorni – non vogliono il riequilibrio delle risorse e delle opportunità fra la Toscana dei privilegi intorno al campanile di Giotto e quella della costa irraggiungibile, nascosta dietro invisibili mu
ri di infrastrutture da terzo mondo. Sono abili nelle loro mosse, quelli che stanno nella parte di regione a tripla velocità: ultimamente la tattica preferita è quella del finto ripiegamento con attacco sul fronte scoperto. L’ultima dimostrazione è arrivata dopo l’intervista a questo giornale del segretario nazionale del Pd, Enrico Letta, lo scorso 21 marzo. Prendete questo passaggio: «Penso di poter vedere realizzato un progetto (...): una metropolitana leggera che colleghi Pisa e Firenze in 25 minuti. Un’infrastruttura che (...) chiude anche la disputa dei due aeroporti».

A Firenze tutto si è esaurito in un festival di parole allineate e coperte, addirittura con un vertice (a Livorno, inedita mossa di cortesia per rendere tutto più verosimile) proposto dal sindaco di Firenze, Dario Nardella, ai colleghi di Pisa (Michele Conti), Lucca (Alessandro Tambellini) e Livorno (Luca Salvetti) concluso con un’elegante supercazzola. Un documentino fatto di bei proclami, pochi impegni reali e soprattutto niente soldi per realizzare una ferrovia che potrebbe davvero rendere inutile la disputa fra i due aeroporti, ridando forza a quello che potrebbe davvero essere lo scalo principale, quello di Pisa. Peraltro, da tempo giace impolverato nei cassetti un progetto a basso costo per adeguare la linea attuale e ridurre il tempo di percorrenza fra Pisa e Firenze ad appena 37 minuti. Cosa che il fronte fiorentino non vuole perché farebbe cadere ogni ragionevole speranza di poter realizzare la pista dei sogni a Peretola, vero atto ostile nei confronti dell’area costiera. Di fatto, una mazzata per il Galilei.

Con l’unificazione delle due società di gestione i pisani sono caduti in una trappola mortale, perché è innegabile che gli argentini di Corporacion America, che detengono la maggioranza delle azioni, sono legati a filo diretto con le lobby fiorentine, in special modo con quella renziana del presidente Marco Carrai, ormai padre padrone della società. Capace di architettare una delibera societaria che dopo il prossimo giro di nomine blinderà i soci privati da ogni possibile azione di disturbo da parte degli entri pubblici. Grazie a 13 posti su 15 nel consiglio di amministrazione l’annessione sarà completa. Una vera stangata dopo aver ottenuto, direttamente o indirettamente, dalle casse pubbliche 20 milioni per la promozione dei progetti, 85 di prestiti garantiti dallo Stato con la promessa di altri 150. Il tutto a fronte di uno stanziamento di 175 milioni per l’acquisto delle quote che poi si è ridotto a 130, mitigato peraltro dall’incasso dei dividendi. Non dico che, con questi presupposti, li avrei potuti comprare anch’io i due aeroporti, ma ci siamo molto vicini.

Il bello, o il brutto, è che fra chi ha favorito tutto ciò ci sono anche quelli che ho appena lodato per la buona gestione della prima emergenza Coronavirus. Loro e molti tiepidi rappresentanti di un centrodestra pisano con le mani legate da un oscuro patto pro-Firenze siglato da Renzi e dall’altro Matteo, Salvini, il leader della Lega. E dunque, rifuggendo dalla tentazione di alzare bandiera bianca, vien davvero da pensare che una volta chiusa l’emergenza Covid, non potremo dire che sta andando tutto bene. Anzi. — 

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