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Edizione del 07/04/2021
Estratto da pag. 2
Vaccini in azienda, ecco come funziona il protocollo Inail
Vaccini in azienda, ecco come funziona il protocollo Inail di Cristina Nadotti La bozza in discussione con le parti sociali. Un'opportunità in più oltre a quella dei servizi sanitari regionali e subordinata alla disponibilità delle dosi. Si può organizzare su base volontaria con più di 50 dipendenti oppure con associazioni. Corne fare richiesta Tutto è subordinato alla disponibilità di dosi, ma intanto l'Inail elabora il protocollo per le vaccinazioni nelle aziende. Le "Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/ COVID-19 nei luoghi di lavoro" sono al momento una bozza, elaborata appunto dall'Istituto nazionale assicurazioni infortuni sul lavoro, dal ministero della Salute, dal ministero del Lavoro, dalla presidenza del Consiglio e dalla Conferenza delle Regioni, ma una volta che le parti sociali l'avranno valutata ed eventualmente integrata sarà uno strumento importante soprattutto per proseguire la campagna vaccinale anche al di fuori dell'emergenza.Il documento stabilisce alcuni punti fermi, ed è emanazione del Piano strategico nazionale, con una precisazioni principale: per l'avvio dell'attività, è necessario che l'azienda abbia un numero di dipendenti preferibilmente superiore a 50. Per "favorire anche i datori di lavoro con poche lavoratrici e lavoratori o altre forme di attività" prevede tuttavia il protocollo, "sono possibili modalità organizzative anche promosse da Associazioni di categoria, o nell'ambito della bilateralità, destinate a coinvolgere lavoratrici e lavoratori di più imprese". È questo uno dei punti su cui i sindacati potrebbero avere voce in capitolo sia come associazioni, sia per l'organizzazione di collaborazioni tra diverse aziende. Altra precisazione importante è che "la vaccinazione in azienda rappresenta un'opportunità aggiuntiva rispetto alle modalità ordinarie dell'offerta vaccinale che sono e saranno sempre garantite, nel rispetto delle tempistiche dettate dal piano nazionale di vaccinazione, qualora il lavoratore non intenda aderire alla vaccinazione in azienda". È questo il punto che fa intuire che l'Inail e i ministeri coinvolti stiano guardando più al futuro che alla necessità impellente, al momento in cui sarà indispensabile fare dei richiami o addirittura vaccinare di nuovo le persone e coinvolgere anche i medici aziendali sarà importante.Le vaccinazioni ¡n azienda sono comunque previste su base volontaria, sia da parte del datore di lavoro, sia del dipendente. Il protocollo sottolinea infatti come "punti imprescindibili" la disponibilità di vaccini, la disponibilità dell'azienda, la presenza / disponibilità del medico competente o di personale sanitario, la sussistenza delle condizioni di sicurezza per la somministrazione di vaccini, l'adesione volontaria ed informata da parte delle lavoratrici e dei lavoratori, la tutela della privacy e la prevenzione di ogni forma di discriminazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Fatto salvo dunque il Piano nazionale, la vaccinazione in azienda può essere utile anche per quei lavoratori che risiedono in sedi diverse dal posto di lavoro, poiché "la lavoratrice/il lavoratore può aderire alla vaccinazione indipendentemente dalla propria residenza, che può essere anche fuori Regione". A somministrare le dosi, che vengono comunque fornite dall'Azienda sanitaria e non acquistate dal datore di lavoro, può essere "il medico competente (ove presente/disponibile) o altri sanitari convenzionati con il datore di lavoro". Tuttavia, poiché la vaccinazione "rappresenta un'iniziativa di sanità pubblica, finalizzata alla tutela della salute della collettività e non attiene strettamente alla prevenzione nei luoghi di lavoro", la "responsabilità generalee la supervisione dell'intero processo rimane in capo al Servizio sanitario regionale, per il tramite dell'Azienda sanitaria di riferimento". Le aziende o le associazione di categoria di riferimento che intendono aderire airiniziativa devono comunicarlo all'Azienda Sanitaria di riferimento, "secondo modalità da disciplinare a livello della Regione o Provincia Autonoma, la quale, v
erificata la disponibilità dei vaccini e la sussistenza dei requisiti necessari per l'avvio dell'attività, concorda le modalità di ritiro dei vaccini a cura del medico competente o del personale sanitario individuato dal datore di lavoro. Chi ritirerà il vaccino dovrà garantirne la corretta gestione con particolare riferimento al mantenimento della catena del freddo". Le spese a carico del Datore di lavoro o delle Associazioni di categoria di riferimento si limitano in pratica ai locali per le vaccinazioni e ai medici e infermieri, perché vaccini, dispositivi per la somministrazione (siringhe/ aghi), la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione dell'attività vaccinale sono a carico del Servizio sanitario regionale. -tit_org- Vaccini in azienda, ecco come funziona il protocollo Inail