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Edizione del 22/03/2021
Estratto da pag. 1
L’ex ministro Gualtieri invita la Lega a smetterla di fare propaganda sulla crisi
Il presidente del Consiglio Mario Draghi lo ha detto subito: i 32 miliardi del decreto sostegni non basteranno. Ne serviranno presto altri per sostenere imprese e lavoro. E l’ex ministro all’Economia Roberto Gualtieri, al Tesoro quando quello scostamento di bilancio venne approvato, in un’intervista alla Stampa lo conferma. «A gennaio si sperava che i 32 miliardi fossero gli ultimi», ammette. Poi è arrivata la terza ondata di coronavirus. E «come ha detto Mario Draghi, l’evoluzione della pandemia renderà necessario un altro intervento». Che, dice, andrebbe usato anche «per rafforzare le misure da noi già varate a sostegno della capitalizzazione delle imprese, che devono gradualmente prendere il posto degli interventi per la liquidità».

Il decreto appena varato «è positivo», dice l’ex ministro, parlamentare del Pd. «Il fatto che sia in continuità con la linea giusta da noi perseguita durante la pandemia, basata su robusti interventi anticiclici a sostegno di imprese, lavoratori e famiglie e con una forte attenzione ai più deboli, può sorprendere chi ha avversato quell’indirizzo. Certo, non noi che l’abbiamo promosso e reso possibile in Italia e in Europa affinché non si ripetessero gli errori della crisi precedente segnata dall’austerità. Quel dibattito può ora ritenersi concluso. Rispetto al nostro lavoro preparatorio, va sottolineato che una delle principali novità è il rafforzamento degli interventi contro la povertà, con l’aumento a 1,5 miliardi dello stanziamento per il reddito di emergenza: è un merito innanzitutto del Pd e del ministro Orlando».

Per il secondo tempo, ora, la Lega chiede a Draghi fino a 100 miliardi. «Inviterei a non sparare numeri a caso, la Lega deve smettere di fare propoganda», risponde Gualtieri. «Dall’inizio della crisi ci siamo presi la non facile responsabilità di varare interventi per dimensione secondi solo a quelli tedeschi, il che non era affatto scontato per l’Italia. Questo, è stato determinante per contenere l’impatto economico e sociale della pandemia ed è anche risultato in un deficit più basso delle previsioni grazie al rimbalzo dell’economia e all’aumento delle entrate. So bene che è giusto proseguire con il sostegno all’economia come ha indicato il premier. Dopodiché bisogna essere consapevoli che, anche in un momento eccezionale come questo, il nostro spazio fiscale non è illimitato, e che per un rilancio duraturo servono investimenti e riforme».

La priorità ora è «la finalizzazione del Recovery Plan, anche per poter effettivamente usufruire dell’anticipo del 13%». Sul fronte delle riforme, «oltre a quelle fondamentali di pubblica amministrazione e giustizia, incluse nel Pnrrr, è cruciale la riforma fiscale. Qui dobbiamo sapere che, se vogliamo assicurare al tempo stesso una congrua riduzione dell’Irpef sui redditi medi e bassi e un adeguato finanziamento di Welfare e istruzione, serve progressività, allargamento della base imponibile, tassazione ambientale e un vigoroso contrasto all’evasione».

Resta però l’ombra del «piccolo condono» contenuto nel decreto sostegni. «Il problema di mille miliardi di magazzino di cartelle largamente inesigibili – la cui gestione riduce l’efficienza della riscossione dei nuovi atti –, è reale e costituisce un unicum nel mondo», spiega Gualtieri. «Dopodiché per affrontarlo in modo efficace ed evitando messaggi sbagliati serve contestualmente un rafforzamento effettivo dei poteri dell’agente della riscossione, in linea con le migliori pratiche internazionali. In assenza di ciò è stato giusto battersi per limitare al massimo l’intervento come ha fatto il Pd».

Gualtieri concorda sul miliardo in più per finanziarie il reddito di cittadinanza come sostegno alla povertà crescente. «La vera sfida è sulle politiche attive del lavoro», ammette. «Tra stanziamenti di bilancio e Pnrr finalmente le risorse ci sono; ora è importante usarle al meglio e questo consentirà anche di affrontare i limiti del reddito di cittadinanza».

La sospensione del Patto di stabilità prima o poi finirà, però. «Il rischi
o da scongiurare è una maggiore penalizzazione per i Paesi che ereditano un alto debito. Detto questo, bisogna evitare di pensare che la riforma del patto di stabilità sia di per sé salvifica», dice. «La partita decisiva è dotare l’Ue di una adeguata capacità di bilancio alimentata da debito comune europeo, rendendo strutturali le innovazioni di Next Generation Eu».

Dell’ex ministro si era parlato per una possibile candidatura alla corsa per sindaco di Roma. Poi ha fatto sapere che ci stava riflettendo. «La mia è una riflessione vera per quella che sarebbe una scelta di vita impegnativa e che richiede un lavoro preparatorio serio di studio e approfondimento», dice Gualtieri. «Per Roma servono comunque soluzioni all’altezza, e su questo con Letta ci sono piena convergenza e comune consapevolezza. Decideremo assieme quando sarà il momento». Cioè «presto».

Il Partito democratico di Nicola Zingaretti, spiega, «è stato decisivo per salvare l’Italia e avviare un cambiamento senza precedenti delle politiche europee. Ora è protagonista del governo Draghi e della sua agenda ambiziosa. Letta ha le idee molto chiare sul profilo politico e programmatico di un Pd aperto e rinnovato, all’avanguardia sui grandi temi dello sviluppo sostenibile, dell’equità sociale, della parità di genere, e perno di una alleanza larga per battere la destra. I problemi li ha semmai chi non ha capito la portata delle trasformazioni in atto nel mondo e nell’agenda dei progressisti».

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