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Edizione del 22/03/2021
Estratto da pag. 2
SULLE DONNE AL COMANDO SI SBRICIOLA L`UNANIMITA` PD
SULLE DONNE AL COMANDO SI SBRICIOLA L'UNANIMITÀ' PD L'IDEA DI LETTA: DUE DONNE CAPIGRUPPO... LE CORRENTI SBRAITANO, MARCUCCI E DELRIO NON MOLLANO LA POLTRONA Si sbriciola l'unanimità con la quale l'Assemblea nazionale del Partito democratico ha issato Enrico Letta alla segreteria del Na2areno appena un mese fa. Sui capigruppo il braccio di ferro al Senato sta scuotendo il partito, nella neonata segreteria fresca di nomina è già dura polemica. "La guida del Pd è tutta al maschile. Ho detto domenica che non va, lo ripeto oggi. Ai gruppi Camera e Senato suggerisco che dopo tré anni di guida maschile, gli ultimi due siano a guida femminile. I gruppi sono autonomi, a loro di scegliere con chi", ha detto oggi il segretario in un'intervista al Tirreno. Un uomo vicino al segretario spiega che "sarebbe un gesto di buona consuetudine che i capigruppo mettessero a disposizione il proprio ruolo quando cambia la guida del partito". Così è stato fatto per esempio a Bruxelles, dove il capogruppo uscente Brando Benifei si è dimesso per poi essere rieletto dai suoi colleghi. Il sospetto è che quello di Letta sia un preteso per liberarsi dei una figura, quella di Andrea Marcucci, considerata troppo ingombrante e divisiva dal nuovo corso di Letta. "Mi sfugge il nome della donna Pd eletta capogruppo al Parlamento europeo al posto di Benifei", il tweet al vetriolo di Salvatore Margiotta, collega di Marcucci a Palazzo Madama. Sono le correnti che fanno sentire tutta la propria inerzia e tutto il proprio peso. Perché il Senato è una roccaforte di Base Riformista, l'area che fa capo a Lorenzo Guerini e Luca Lotti, che conta 22 senatori su 35 e di cui Marcucci è uno dei leader. "Qui bisogna fare politica, che motivazione è quella di fare una foto?", chiede polemico uno degli uomini più vicini al capogruppo. Il riferimento è al passaggio dell'intervista nella quale Letta spiega che "non possiamo fare una foto di gruppo del vertice del partito e presentare volti di soli maschi. In Europa sono cose che può fare Viktor Orbán in Ungheria o Mateusz Morawiecki in Polonia". Non c'è dubbio che l'entrata sia stata a gamba tesa, fonti dem parlano di "sconcerto e malumore". I più maliziosi fanno notare che sia stata rilasciata al Tirreno e pubblicata anche sulla Gazzetta di Reggio Emilia, due quotidiani locali molto letti proprio nelle regioni del toscano Marcucci e dell'emiliano Graziano Deirio, capo dei deputati. Un intervento "sgraziato", lo definisce un parlamentare, anche perché Letta "con un eccesso di paternalismo" spiega di avere le idee chiare su cosa i senatori debbano fare e su come vada affrontata quella che è a tutti gli effetti una decisione del suo nuovo leader: "Suggerisco che votino e scelgano senza drammi. Non le indico io le capogruppo, le scelgano". Poi sottolinea il mandato larghissimo ottenuto all'ultima assemblea: "Tutti mi hanno votato, quindi non c'è maggioranza e minoranza". Un modo per sgombrare il campo dagli equilibri correntizi con i quali dovrebbe essere gestita la transizione, o piuttosto la permanenza degli attuali capigruppo. A microfoni accesi prevale la prudenza nel cercare di evitare uno scontro palese. Perché martedì e mercoledì si riuniranno i gruppo proprio per discutere sul punto, e Base Riformista al momento si compatta intorno a Marcucci. Il capogruppo, un saldo e storico rapporto di amicizia con Matteo Renzi, continua a esercitare la sua influenza di pontiere con Italia viva. A lui viene attribuita la paziente tela che oggi ha portato al ritorno di Eugenio Comincini nel gruppo del Pd, a lui si attribuiscono contatti avviati con altri due renziani in bilico. Una prova di forza per blindarsi politicamente. Ma Letta sembra tirare dritto per la sua strada, e il rischio di uno scontro è tutt'altro che improbabile. E c'è già chi avverte: "II segretario sa che la nostra autonomia è garantita e le elezioni dei due nuovi presidenti avverranno a scrutinio segreto". Lo dice anche Graziano Deirio, con il solito garbo cui ha
abituato: "Condivido che dobbiamo essere all'avanguardia sulla parità di genere, e che questa sfida sia tanto più importante oggi, alla luce di decisioni prese anche in questi giorni che confermano nella politica una preponderanza di ruoli maschili". Per poi aggiungere: "Condivido anche che, in ogni caso, l'autonomia dei gruppi parlamentari vada rispettata". La partita, anche a Montecitorio, è tutta da giocare. A rasserenare gli animi non contribuisce lo scontro a distanza tra due dei mèmbri della nuova segreteria. A In mezz'ora in più esordiscono i due vicesegretari. Giuseppe Provenzano e Irene Tinagli si dicono entrambi favorevoli alla proposta di Letta sui gruppi. Quest'ultima nella prima intervista a un quotidiano concessa a La Stampa aggiunge alcune osservazioni sullo stato del partito negli ultimi anni. Stefano Vaccari, confermato quale responsabile dell'organizzazione dopo gli anni trascorsi nello stesso ruolo con Nicola Zingaretti, non la prende bene: "Cara Tinagli - twitta durissimo - forse è ¡I caso che prima di parlare sullo stato del partito alzi il telefono e ti informi su ciò che è stato fatto in questi 2 anni anche per rispetto dei nostri dirigenti e militanti che sul territorio lo hanno rimesso in piedi. Non partiamo da zero oggi". Si levano voci in difesa di Tinagli, si apre un'altra crepa nell'unità sbandierata appena una settimana fa. Impazza intanto il totonomi nel caso il blitz del segretario abbia successo. Al Senato il nome più quotato è quello della già ministra Valeria Fedeli, ma qualche chances la hanno anche Roberta Pinotti, volto autorevole della franceschiniana AreaDem e Anna Rossomando, fresca di nomina in segreteria, che secondo i bene informati sarebbe la scelta di Letta. A Montecitorio la situazione è estremamente liquida, ma i nomi più papabili sono quelli di Debora Serracchiani e Paola De Micheli. A sera un parlamentare di certo non ostile alla nuova segreteria commenta: "Comunque vada, Enrico così ha diviso il partito, in un momento in cui restare uniti è fondamentale, l'obiettivo forse poteva essere raggiunto con una gestione diversa. E questo è un dato di fatto". Più che il tanto amato cacciavite, per questo ritorno alla politica italiana Letta sembra aver preferito la sciabola. (da "Huffingtonpost") -tit_org- SULLE DONNE AL COMANDO SI SBRICIOLA L'UNANIMITA' PD