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Edizione del 22/03/2021
Estratto da pag. 1
“Con il M5S per vincere”: il Pd di Letta scarica Renzi
La prima settimana da nuovo segretario del Pd Enrico Letta la conclude con due punti fermi sul partito che verrà: via i due capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci e soprattutto il progetto di un’alleanza “per vincere le elezioni” con il M5S di Giuseppe Conte. Dopo la nomina due vicesegretari – Beppe Provenzano e Irene Tinagli – e della segreteria, Letta ieri ha concesso due interviste, una al Tirreno e una al quotidiano spagnolo La Vanguardia, per chiarire la direzione che prenderà il suo Pd. In primis, l’alleanza con il M5S in linea con la strategia del suo predecessore Nicola Zingaretti: “Per vincere le elezioni contro il centrodestra – ha detto Letta al quotidiano spagnolo – dobbiamo comporre una grande alleanza in cui stia il M5S, che ha vissuto un’evoluzione europeista importante e positiva”. Poi l’endorsement a Conte che dovrebbe incontrare nelle prossime ore: “La disponibilità di Giuseppe Conte di guidare il M5S è una buona notizia e sono sicuro che ci capiremo” ha concluso il segretario Pd. Un messaggio diretto a Matteo Renzi che sabato, durante l’assemblea di Italia Viva, aveva proprio sfidato i dem sul fronte delle alleanze: “Il Pd decida se stare con noi o con il M5S: noi con Conte non andiamo”. Eppure Letta, che oggi dovrebbe vedersi con il leader di IV dopo aver incontrato Carlo Calenda nei giorni scorsi, non ha chiuso del tutto le porte a Renzi: “È mio dovere aprire quest’alleanza anche con chi ha lasciato il Pd – ha detto a La Vanguardia riferendosi agli ex della Ditta – sul dialogo con Renzi, dipende da lui: io sono disposto a dialogare con tutti”. Ma partendo da un punto fermo: l’alleanza progressista dovrà ripartire da quella con il M5S che aveva sostenuto il governo Conte. Una condizione che complica non poco la possibilità di riportare dentro anche Renzi e i suoi.Diverso il discorso per gli ex Pd in Italia Viva che stanno iniziando a rispondere alle sirene del segretario: ieri il senatore lombardo Eugenio Comincini ha ufficializzato il suo ritorno tra i dem dopo aver informato Renzi e con un messaggio nella chat dei parlamentari e nelle prossime ore dovrebbero aggiungersi anche i senatori Leonardo Grimani e Mauro Marino e, si dice, anche il deputato Camillo D’Alessandro. Nel post di addio su Facebook Comincini ha spiegato di aver vissuto con “disagio” e “travaglio” la scelta di Renzi di aprire la crisi di governo e di essere uscito perché Italia Viva è “sospesa” tra centrodestra e centrosinistra mentre bisogna stare “nel centrosinistra”. Il primo ad aver salutato l’arrivo di Comincini è stato proprio il capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci che nei giorni scorsi aveva parlato a lungo con il senatore lombardo per convincerlo a rientrare: “Bentornato a casa” ha scritto su Twitter. Marcucci sta provando a far rientrare alcuni renziani proprio per mantenere la sua poltrona di capogruppo, ma ieri Letta ha silurato lui e Graziano Delrio in un’intervista al Tirreno apparsa anche sulla Gazzetta di Reggio Emilia. Un messaggio diretto ai due capigruppo: non è un caso che siano i due giornali più letti a Lucca e Reggio Emilia, casa di Marcucci e Delrio. “Quando sono arrivato ho detto che c’è un problema enorme di presenza femminile nel nostro partito – ha detto il segretario Pd – penso che per forza di cose le due capogruppo devono essere donne”. Non una bocciatura ma quasi nei confronti di Delrio e Marcucci: “Hanno lavorato benissimo e potranno tornare utilissimi in altri ruoli” ha concluso Letta. Martedì il segretario incontrerà i gruppi di Camera e Senato, che devono eleggere a scrutinio segreto i nuovi capi, e ripeterà il diktat. Ma la sua uscita ha scatenato le proteste delle correnti interne, soprattutto quella di Base Riformista di Luca Lotti e Lorenzo Guerini di cui Marcucci è espressione diretta, che per ora fanno resistenza.Se Delrio in serata ha spiegato di aver sempre “agito per la parità di genere”, ha anche avvertito il segretario: “Sul ruolo di capogruppo decideranno in autonomia i deputati”. Le chat dem esplodono: “Fino a oggi probabilmente la parità di genere non era una priorità
” sottolineano alcuni, mentre i senatori vicini a Marcucci sostengono che la votazione di martedì potrebbe avere “esiti imprevedibili” perché il capogruppo ha la maggioranza nel gruppo (20 su 35) e non ha intenzione di lasciare. Il senatore vicino a Marcucci, Salvatore Margiotta, lo dice chiaro: “Mi sfugge il nome della donna scelta capogruppo al posto di Benifei al Parlamento Ue”. I due vicesgeretari Provenzano e Tinagli invece condividono con Letta la scelta di nominare due donne: “Siamo d’accordo, il partito deve somigliare a ciò che dice”.