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Edizione del 16/03/2021
Estratto da pag. 1
MADE IN ITALY/ Le Fiere in terapia intensiva: l`ora del risiko (e degli investimenti)
La terza ondata Covid prolunga e aggrava la permanenza in terapia intensiva peril settore delle fiere, strategico per il Made in Italy. I dati diffusidall’Aefi – che associa 39 poli fieristici italiani – sono drammatici: nel 2020la pandemia ha bruciato l’80% del miliardo di fatturato prodotto l’anno prima.Gran parte dei mille eventi in programma (fra cui storici marchi globali comeil Salone del Mobile di Milano o il Vinitaly di Verona) hanno dovuto cancellarele loro edizioni. E i primi tentativi di digitalizzare le manifestazioni nonhanno potuto dare che risultati economici simbolici.SPY FINANZA/ Dal cobalto "etico" un altro indizio della bolla greenIl 2021, alla svolta del primo trimestre, non si profila incoraggiante comenegli auspici. Con l’Italia in zona rossa fino a Pasqua i primi rinvii al 2022non si sono fatti attendere ed è tornato virtualmente in bilico l’interocalendario di un anno che avrebbe già dovuto segnare un rimbalzo. L’emergenzadelle Fiere italiane non è più uno dei tanti “cahier des doleances” lasciatidal forte contraccolpo recessivo della pandemia. Uno dei principali “portali”del Made in Italy rischia di uscire prostrato da due anni di crisi-Covid:anzitutto per i 120mila occupati diretti e indiretti  (senza considerarel’indotto turistico). Ma il rischio vero è che vengano dispersi tutti gli assetimmateriali accumulati nei decenni dalle fiere nazionali: la forza diattrazione di 20mila espositori e 20 milioni di visitatori all’anno; lacapacità di “matching” (è stimato in 60 miliardi il fatturato generato dalcircuito delle “exhibition” italiane).RISCHIO INFLAZIONE/ E lo scontro nella Bce che può nuocere (anche) all'ItaliaCome affrontare la crisi delle Fiere? Negli ultimi dodici mesi la solastrategia di settore si è concretizzata nell’accesso a linee di creditod’emergenza accordate dalla Cassa depositi e prestiti. Nelle ultime settimane,il presidente dell’Aefi, Maurizio Danese (Veronafiere), ha battuto con forza untasto unico: lo Stato deve sbloccare oltre 400 milioni di aiuti pubblici giàstanziati dei decreti via via varati dal governo Conte-2, ma erogati solo inminima parte. Secondo Danese vanno emanati senza più indugio i provvedimentiattuativi e questo senza preoccupazioni per eventuali obiezioni Ue (la Germaniasi è appellata – per lo stesso dossier – a clausole di “calamità naturale”).DL SOSTEGNI/ Patrignani (Confcommercio): ecco come cambiare gli indennizziPubblicitàÈ un pressing, quello del leader Aefi, che poggia su un assunto strategico: ilnetwork delle fiere italiane presta una sorta di “servizio pubblico”all’Azienda-Italia e quindi merita il supporto pieno del bilancio statale (Miseed Esteri). Fino ad alcuni anni fa, in effetti, la cornice era convalidata dalfatto che le fiere italiane erano enti pubblici. Ma la “foresta pietrificata”non è più tale già da tempo: tutti i grandi poli si sono trasformati in Spa edue “major” come Fieramilano e Ieg sono approdate alla quotazione di Borsa (laseconda dopo una fusione fra Vicenza e Rimini). Gli enti pubblici continuano apunteggiare in modo importante gli azionariati: Fieramilano Spa (presieduta dalleader di Confindustria Carlo Bonomi) ha come azionista di maggioranza unaFondazione, in cui gli stakeholder principali sono Regione Lombardia, Comune diMilano e Camera di commercio metropolitana di Milano, Lodi e Monza-Brianza. InIeg primo socio è una holding partecipata da Comune, Provincia e Cdc di Rimini.Proprio dalle due Fiere quotate sono comunque giunti segnali d’iniziativadiversi dalla semplice attesa di sussidi pubblici.Fieramilano, dopo la chiamata di Luca Palermo come nuovo Ceo, ha da pocoufficializzato un piano industriale triennale improntato alla difesa proattiva:in cui è stata inequivocabile l’apertura ad aggregazioni strategiche,supportata da un budget di investimenti fino a 125 milioni. Ieg è invece damesi in colloqui di fusione con BolognaFiere (controllata da Comune e AreaMetropolitana di Bologna, oltre a Cdc e Regione Emilia-Romagna): un piano natosotto gli auspici diretti dei governatori Stefano Bonaccini e Luca Zaia. Questihanno
chiesto assieme al ministro dell’Economia (allora Roberto Gualtieri) diconsiderare un investimento della Cdp nell’azionariato della società unica incantiere: ciò anche in linea con l’intento del cosiddetto “decreto Liquidità”di promuovere l’intervento della Cassa in operazioni di ricapitalizzazione diogni impresa italiana che lo richiedesse.È un orizzonte – quello disegnato da ambedue i “cantieri” aperti – quasi agliantipodi dell’appello “statalista” di Aefi. È una linea strategica che sembrapartire dalla realtà di un settore in via di tendenziale consolidamento giàprima della rottura epocale portata dal Covid. Ed è una dinamica risolutiva chepare più congruente con i concetti fondanti della “Draghinomics”: per la qualei “sussidi” alimentano “debito cattivo” e quindi vanno minimizzati a vantaggiodegli “investimenti” (capaci invece di valorizzare e ripagare ogni “debitobuono”). È quindi assai più probabile che nel Recovery plan nazionaletroveranno spazio incentivi a processi di fusione/acquisizioni – a partiredagli investimenti di soci vecchi e nuovi, meglio se privati o di settore – piuttosto che contributi-tampone, ex post a fondo perduto. Ed è più verosimileche a un Fiera veda finanziato un progetto specifico di digitalizzazionepiuttosto che generiche azioni di “internazionalizzazione”.Che il settore sia tutt’altro che “sleeping”, di fronte alle sfide del momento,lo ha comunque confermato nei giorni scorsi Annalisa Sassi, presidente degliindustriali di Parma, azionisti di Parmafiere assieme a Credit AgricoleCariparma, Comune, Provincia e Camera di Commercio.  “Su Fiera e Aeroportosiamo aperti al dialogo con chi porta valore”, ha detto in un’intervista. Unadisponibilità ad aprire tavoli indirizzata con tutta evidenza a raggiera, intre direzioni: Milano, Bologna e Verona. Attorno all’Arena, in particolare, ilsistema cittadino deve decidere e breve su un aumento di capitale da 30milioni. Un’operazione già andata deserta due volte nel corso del 2020. IlComune sembra infatti intenzionato a diluire la sua quota di maggioranzarelativa, mentre fra gli azionisti privati per ora solo Fondazione Cariverona(secondo socio) ha dato una disponibilità di massima a intervenire: ma acondizione di inserire Veronafiere nel grande risiko nazionale ormai in corso,con la bussola puntata sull’approdo in Borsa.— — — —Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazionedi qualità e indipendente.SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI© RIPRODUZIONE RISERVATA