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Edizione del 15/03/2021
Estratto da pag. 1
Tutti "lettiani" nel Pd
Delrio: "Con Letta si può vincere". Bonaccini: "Cominciamo una nuova storia". Orlando: "Tutto condivisibile". Marcucci: "Ha conquistato tutti". Ma Parisi avverte sull''unanimismo "di facciata"
ansaPdNel mare del Pd le correnti restano quiete nel primo giorno di Enrico Letta segretario, richiamato dall’esilio volontario francese e acclamato quasi all’unanimità dall’Assemblea dem. Il giorno dopo è un coro di elogi per l’ex premier.Graziano Delrio, capogruppo dem alla Camera dei deputati, afferma al Corriere della Sera che Enrico Letta “ha fatto un discorso alto, autorevole e bello nei contenuti, è riuscito a chiamare a sé le energie del Pd su obiettivi per il Paese”, ovvero “il modo giusto per tirare fuori il meglio della nostra comunità democratica”. per affermare che “il discorso del segretario va a fondo sulla natura di un grande partito di centrosinistra che è sanare le disuguaglianze e fare della giustizia sociale, ambientale ed economica la sua bandiera” perché “il Pd deve essere convinto dei suoi valori e sapere che vanno portati nella società in maniera più chiara e netta”. Insomma, la conclusione per Delrio è che “con Letta si può vincere, sì”, anche perché “l’ambizione che dobbiamo sempre darci è essere l’asse portante della coalizione, consapevole della sua forza”.Stefano Bonaccini mette momentaneamente da parte le ambizioni personali e sottolinea in un’intervista alla Stampa che “oggi cominciamo una nuova storia” per “costruire un nuovo Pd, capace di ascoltare, coinvolgere, proporre nuove idee” e in grado “di aprire un confronto vero, sui contenuti, che porti a un nuovo centrosinistra”. Il governatore dell’Emilia Romagna si dice pronto a lavorare “insieme a Enrico per ridare una identità chiara al Pd e per costruire un centrosinistra largo e vincente. Finiamola di parlare solo di noi stessi e ricominciamo a occuparci dei problemi della gente”. Poi Bonaccini osserva: “I 5 stelle ne hanno fatta di strada, dal populismo alla democrazia, dal no-euro all’europeismo. In Giuseppe Conte vedo un ottimo interlocutore. La concorrenza a cui guardo è quella alla destra: per questo serve un campo largo, progressista e riformista, che dia spazio e valore anche alle forze civiche della nostra società, che vada da Elly Schlein a Calenda”.Andrea Orlando commenta il discorso di Enrico Letta e dice che “ho trovato tutto condivisibile, non c’è niente che mi sia dispiaciuto”. Anche nell’ipotesi di dialogo con Matteo Renzi, “perché ritengo sia un passaggio che serva anche a fare giustizia e verità del posizionamento di ogni forza, di chi davvero sta ancora nel centrosinistra e di chi guarda ad altre prospettive. Lo ritengo un passaggio necessario”, prosegue Orlando, secondo cui “se ci fosse una maggioranza, lo ius soli andrebbe approvato” in quanto “ritengo che sui terreni di non stretta agenda del governo il Pd debba conservarsi la massima libertà di azione”. Carlo Calenda, da fuori del Pd, si dice “contento che ci sia lui, certamente ci confronteremo. Ma il problema del Pd non è legato solo a chi lo guida. È tornare ad essere un partito riformista, non più in perenne lotta con sè stesso, ma con un’identità forte. Quella che troppo spesso in questi anni è andata perduta anche per inseguire il M5S sul suo stesso terreno”. Il leader di Azione dice al Corriere della Sera che il discorso di Enrico Letta gli è piaciuto, specie per “l’impianto europeista, la sintonia con Draghi, la visione del futuro. Ci sono tante cose degne di interesse”, però “contano soprattutto le proposte: a quali riforme del lavoro, della pubblica amministrazione, dei sostegni al reddito pensa il Pd? Sarà capace di staccarsi da pulsioni giustizialiste? Saprà far stare insieme le parole diritti e doveri, merito e uguaglianza? Su queste cose si vedrà se c’è svolta. E poi certo, anche le alleanze nelle città sono banco di prova: l’esperienza dei Cinque Stelle a Torino e Roma è stata fallimentare. Se si continua a pensare che ’senza il M5S non si può vincere si parte con il piede sbagliato”. Andrea Marcucci, capogruppo dem in Senato, evidenzia in un’intervista al Mattino che “il discorso di Enrico Letta ha conquistato tutti, per la carica di entusiasmo e di passione che ha emanato. Il nuovo segretario del Pd parte con un grandissimo credito e in un c
lima, come si è visto, di sostanziale unità. Sono oggettivamente le condizioni migliori per aprire una nuova stagione di protagonismo”. In merito al passaggio che il segretario ha fatto sul partito di potere, Marcucci dice che “stare al Governo non è certo obbligatorio, starci in alcune situazioni di emergenza però vuole anche dire che il Pd è un partito di gente responsabile che vuole il bene del proprio Paese”.In questo clima di concordia, in questa luna di miele del neosegretario, arrivano parole di cautela da uno dei saggi del mondo dem. Arturo Parisi avverte il neosegretario in un’intervista al Messaggero: “Diciamo che sono troppe le cose che non tornano. È evidente che dietro l’eccessivo consenso palese ci sono troppi dissensi nascosti”. E secondo il fondatore dell’Ulivo “onestamente il confronto annunciato” dentro il Pd “non l’ho visto”. E il partito vive con la sindrome del “rifiuto della fatica del confronto tra posizioni diverse alla luce del sole, per poi cedere alla divisione nel buio del voto segreto”. Parisi mantiene la sua distanza dal Pd, perché “ci sono esponenti del partito che nel corso di questi anni hanno preferito modulare la loro presenza a seconda della segreteria di turno fino a dare vita a iniziative politiche alternative” spiega Parisi, che invece si tiene “a una distanza di sicurezza, ma allo stesso tempo a una vicinanza costante”.  

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