corrieredelmezzogiorno.corriere.it
Dir. Resp.
Tiratura: n.d. - Diffusione: n.d. - Lettori: 16627
Edizione del 23/02/2021
Estratto da pag. 1
Sindaco di Napoli, Pomicino: «Bassolino eviti i personalismi ma in questo quadro lo voterei»
L’ex ministro: «Da democristiano mi spiace dirlo, ma le uniche due risorse che abbiamo in Campania sono Antonio e De Luca»
l’intervista

Mezzogiorno, 23 febbraio 2021 - 09:26

Sindaco di Napoli, Pomicino: «Bassolino eviti i personalismi ma in questo quadro lo voterei»

L’ex ministro: «Da democristiano mi spiace dirlo, ma le uniche due risorse che abbiamo in Campania sono Antonio e De Luca»

di Gimmo Cuomo

A-A+

shadow

Stampa

Email

Per esperienza e lucidità Paolo Cirino Pomicino è un interlocutore prezioso nel dibattito in vista delle Comunali di Napoli. Con prontezza, anticipa il cronista. «Ora lei vorrebbe sapere cosa penso della candidatura a sindaco di Bassolino. Io glielo dico, ma deve avere pazienza perché tutto va inquadrato nel giusto contesto».



Affare fatto: incassata la promessa, proceda pure con la premessa. «In questo momento in Italia i tre poteri dello Stato sono in dissoluzione. Il Parlamento è allo stremo e si limita solo a ratificare le decisioni del Governo. Per quanto riguarda l’esecutivo, siamo al terzo in due anni e speriamo che regga fino alle elezioni. Per avere un’idea dello stato in cui versa il potere giudiziario, soprattutto la magistratura inquirente, basta leggere il libro di Luca Palamara. In più, aggiungiamo che da 1995 ad oggi in Italia il Pil è cresciuto mediamente solo dello 0,8 per cento all’anno, la povertà è aumentata del 50 per cento e la disoccupazione è al 10 per cento, naturalmente al Sud la percentuale è molto più elevata».

');

}

Ci avviciniamo a Napoli? «Sul piano nazionale e locale spicca la scomparsa dei partiti. In tutta Europa governano partiti con una precisa identità: socialisti, popolari, liberali e verdi. Qui abbiamo resettato ogni cultura politica, siamo stati assaliti da un personalismo che è la negazione della politica democratica. E in questa logica di sgretolamento Napoli rappresenta un focus nel quale tutto è amplificato. Negli ultimi trent’anni ha prevalso la personalizzazione. Ho letto che qualcuno (Francesco Barbagallo, ndr ) ha sostenuto che idee per Napoli non ci sono dal tempo di Nitti. Non è così. Anche la mia Neonapoli era il frutto del lavoro immenso svolto da gran parte dell’intellighenzia cittadina, prevalentemente di sinistra, ma non solo, si pensi al mio caro amico Peppino Galasso. Non è andata avanti perché hanno prevalso i personalismi. D’altra parte, avete intervistato anche il teorico del partito personale (Mauro Calise, ndr )».

Ci avviciniamo a Bassolino. «Ha commesso errori perché era solo, perché ha contribuito alla dissoluzione dei partiti. Ricordo che ad Andreotti, in occasione della formazione del suo ultimo Governo, chiesero cosa avrebbe fatto se avesse avuto molti più poteri. Rispose: “Molti errori in più”».

Come vede il tentativo dell’ex sindaco di riproporsi? «Le elezioni si devono fare. E se tra tanti caduti c’è ancora qualche energia, da quest’ultima non si può prescindere. E mi dispiace dirlo perché sono democristiano: in questo momento le due uniche energie che abbiamo in Campania sono Vincenzo De Luca e Antonio Bassolino. Il resto è desertificato. Il rischio delle energie solitarie è che tali vogliono rimanere e così i risultati si ritorcono contro».

Pare di capire che non vede alternative? «Magari ce ne fossero, ma non ne vedo. Gaetano Manfredi? Personalità di alto livello ma non ha niente a che vedere con la politica. Penso invece che al Cnr possa fare bene. Enzo Amendola ha innegabilmente esperienza politica, ma ritengo che voglia spenderla sul piano delle relazioni internazionali, non so quanto possa essere interessato ai problemi di Napoli».

Nel centrodestra ci sarebbe il sostituto procuratore generale Catello Maresca. «L’ho incontrato una sola volta in una trasmissione. Se ha passione politica fa bene a impegnarsi. Ma ha anche competenza? Quella politica, non quella professionale. Veda, il guaio è che la borghesia napoletana si è ritirata. Quando nel 1970 entrai nel consiglio comunale di Napoli trovai interlocutori del calibro di Galasso, Benincasa, Forte, Chiaromonte,
Geremicca, Chiantera. I sindaci erano Gerardo De Michele e Bruno Milanese, personalità che univano alle capacità professionali anche le doti politiche. Magari venisse fuori un’altra personalità, più vicina alla mia sensibilità culturale. Purtroppo devo constatare che le uniche energie superstiti della prima Repubblica sono De Luca e Bassolino, entrambi invisi al proprio partito. Nella dissoluzione, il tutti contro tutti è una costante».

Voterà insomma Bassolino? «Non voto a Napoli. Ma se il quadro resta quello attuale tenterò di farlo votare nell’interesse della città. Le poche energie che ci sono hanno il dovere di essere spese al servizio di Napoli, ma devono contrastare ogni personalismo, allevando una squadra. Con trent’anni in meno avrei raccolto anch’io la sfida per ricambiare quello che Napoli ha dato a me».

Lo sosterrà nonostante tutto? «Nella domenica delle Palme del 1993, l’anno in cui Bassolino fu eletto sindaco, tutti i leader dc napoletani, io, Scotti, Gava, Meo, ricevemmo un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa. Il provvedimento portava la firma dell’allora giovanissimo Giovanni Melillo, ora a capo della Procura di Napoli, di Franco Roberti, ora eurodeputato, e Paolo Mancuso, presidente del Pd di Napoli. Io e Scotti fummo assolti in istruttoria, gli altri dovettero affrontare il processo, ma pure furono assolti. Comprende le macerie prodotte? In questo quadro votare Bassolino significa dare a Napoli una vita politica».

23 febbraio 2021 | 09:26

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Leggi i contributi

SCRIVI