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Edizione del 21/02/2021
Estratto da pag. 1
L’idea di un’Italia tutta arancione divide, le Regioni vogliono nuove regole
I governatori chiedono una diga ai contagi, ma anche misure che tengano conto dell’oggettiva realtà dei casi sul territorio e delle sofferenze economiche
Un cambio di passo sulle norme che determinano i colori delle Regioni italiane, per evitare i continui cambi, che leghi le decisioni a parametri più oggettivi e anche alla possibilità di indennizzi immediati alle singole categorie. Il tutto però senza abbassare la guardia perché le varianti del coronavirus corrono e impongono strette mirate ed immediate.

Le Regioni chiedono questo al nuovo governo italiano: vogliono una diga ai contagi, ma anche misure che tengano conto dell’oggettiva realtà dei casi sul territorio e delle sofferenze economiche. Per questo, come ha sottolineato il presidente della conferenza della Regioni italiane, Stefano Bonaccini, «è necessario che i provvedimenti restrittivi regionali siano adottati con l’intesa del ministro della Salute».

Ma sulla possibilità di una Italia tutta arancione, ovvero di restrizioni omogenee per l’intero territorio nazionale, si registrano dissensi. Sulla proposta avanzata dal presidente Stefano Bonaccini concordano la Toscana, la Campania, la Lombardia, ma il vicepresidente della Conferenza Giovanni Toti, governatore ligure, ha espresso la sua contrarietà. «Il Paese si aspetta di ripartire», ha detto. E ha proposto una zona gialla nazionale.

Le Regioni vogliono un «deciso cambio di passo nella campagna vaccinale e per la ripresa economica». E il presidente della conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini sottolinea: «Occorre che le misure siano conosciute con congruo anticipo e tempestività dai cittadini e dalle imprese». L’altra richiesta è che «per i provvedimenti che introducono restrizioni particolari per singoli territori si attivino anche contestualmente gli indennizzi per le categorie coinvolte».

Davanti ad un’ipotetica Italia tutta arancione ha tuonato anche il leader della Lega Matteo Salvini. «Basta con gli annunci, gli allarmi e le paure preventive», ha scritto su Facebook stigmatizzando «lockdown ingiustificati e generalizzati».

Il contagio però sembra non dare tregua in un Paese che in questi giorni ricorda che è trascorso un anno dai primi casi, dalle prime zone rosse di Vo’ e Codogno, simbolo di un’Italia che combatteva col virus in prima linea. A distanza di un anno i dati ora sembrano stabili, ma si tratta sempre di grandi numeri con 14’931 contagi ieri e 251 vittime. E ancora un boom di positivi in Veneto (1’244) e in Lombardia (3’019). E proprio queste due Regioni italiane sono nel gruppo di 10 (con Emilia-Romagna, Campania, Piemonte, Lazio, Sicilia, Toscana, Puglia e Liguria) dove si sono registrati l’85% dei contagi da inizio pandemia.

Le varianti corrono e impongono nuove zone rosse con la Regione Lazio che tenta di frenare l’avanzata della variante inglese che ora è vicina alla capitale: due zone di massima restrizione sono state decise a Colleferro e a Carpineto Romano e si aggiungono a Roccagorga, dove già da giorni vige la serrata. Lockdown per variante anche in un comune del Sassarese. E si registra anche il primo morto da variante brasiliana: un uomo di 67 anni deceduto all’ospedale di Chieti dopo essere rientrato dall’Umbria.

Una delle prime decisioni che dovrà prendere il governo sarà quella sullo stop della mobilità tra Regioni col decreto che scade il 25 febbraio: l’intenzione, visti i dati, è quella di prorogare il blocco almeno fino la 5 marzo quando scade il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) italiano attuale che norma le misure anti-COVID. Misure che qualcuno vorrebbe alleggerire: il Campidoglio per voce del neoassessore al Commercio Andrea Coia porterà al tavolo del prefetto di Roma e poi del governo la richiesta di consentire la ristorazione anche serale in fascia gialla.

Ma gli assembramenti, alla vigilia di tre nuove regioni arancio (Campania, Emilia-Romagna e Molise che si aggiungono a Abruzzo, Liguria, Toscana, Umbria, Trento e Bolzano) e complice il bel tempo, anche in questo week-end si sono registrati ovunque. Scene di folla, strade chiuse, transenne. Nonostante l’appello dell’Istituto superiore della sanità (Iss) italiano di
ieri: «State a casa».