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Edizione del 15/02/2021
Estratto da pag. 1
Impianti sciistici, apertura bloccata fino al 5 marzo. L`ira delle Regioni sul governo Draghi
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ROMA — Il primo atto del ministro Roberto Speranza nel governo di Mario Draghi scatena la rivolta delle Regioni e una bufera politica dentro la nuova maggioranza. Gli impianti sciistici, che dovevano riaprire oggi nelle zone gialle, resteranno chiusi fino al 5 marzo, giorno di scadenza dell’ultimo Dpcm firmato da Giuseppe Conte. L’ordinanza del titolare della Salute, che si è confrontato con la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini, arriva dopo una giornata di spasmodica e nervosa attesa. E traccia una linea di continuità con l’esecutivo precedente, dove la lotta alla pandemia è stata improntata alla cautela e al rigore. «Le varianti preoccupano, l’attenzione deve restare altissima», raccomanda Speranza. Il consigliere Walter Ricciardi propone al ministro «un lockdown totale in tutta Italia immediato» e la chiusura delle scuole. E anche se per ora il governo non valuta di rimandare gli studenti a casa, Matteo Salvini e il governatore ligure Giovanni Toti (Cambiamo!) si appellano a Draghi contro le teorie di Ricciardi. La Lega chiede «un cambio di squadra» dei tecnici della Salute. I capigruppo Molinari e Romeo accusano il «trio Ricciardi—Arcuri—Speranza» e dicono basta col «metodo Conte». Un terremoto politico e l’epicentro è in alta quota, sulle piste da sci. «Servono indennizzi veri», alza la voce Massimiliano Fedriga dal Friuli-Venezia Giulia. E i neoministri leghisti Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia chiedono soldi subito, «con il prossimo decreto», perché 4,5 miliardi «non bastano più». Garavaglia oggi incontrerà gli operatori del settore.
Salvini è furioso anche con il Cts, che ha messo a verbale l’esatto contrario della settimana scorsa: «Non è possibile dire la domenica che il lunedì cambia tutto». Lo pensano tutti i governatori e il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, dà voce a «stupore e sconcerto» per una decisione presa «a poche ore dalla annunciata, condivisa ripartenza». Le linee guida formulate dalle Regioni con i gestori erano «molto stringenti» e il Cts le aveva validate. Poi il «cambio repentino» che ha spiazzato gestori e turisti. «Il contrasto all’epidemia resta la priorità — riconosce Bonaccini —. Ma cambiare le regole all’ultimo minuto è un danno enorme per gli operatori». In Lombardia il presidente Attilio Fontana parla di «colpo gravissimo al settore». Il Piemonte vuole impugnare l’ordinanza, il presidente Alberto Cirio dice: «Se questo è il modo in cui il nuovo governo pensa di sostenere le imprese e i cittadini c’è da preoccuparsi fortemente».
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Il parere del CtsQuando Speranza ha letto il parere che lui stesso aveva richiesto al Cts, ha capito che non era possibile confermare la riapertura degli impianti, neanche nelle regioni gialle. Troppo dura la relazione, troppo preoccupati gli scienziati, che pure il 4 febbraio avevano espresso parere favorevole all’utilizzo degli impianti di risalita da parte degli sciatori amatoriali, secondo la proposta della Conferenza delle Regioni. Poi però il quadro è cambiato, le varianti del virus fanno paura e il Cts ritiene necessario attendere l’impatto della riapertura dei licei sull’andamento della curva epidemiologica. L’ultimo monitoraggio dell’Iss e della cabina di regia dimostra che i numeri del Covid sono «nuovamente in crescita», l’impatto sui sistemi sanitari è «sostenuto» anche a causa delle varianti «a maggiore trasmissibilità». Insomma, il Cts suggerisce al governo «un approccio generale di estrema cautela», scrive che non ci sono le condizioni per allentare le misure di contenimento «incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale» e lascia alla politica la valutazione sull’adozione di «eventuali misure più rigorose». Parole che scatenano il caos.