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Edizione del 15/02/2021
Estratto da pag. 1
STATO & REGIONI/ Le nuove autonomie fra Recovery e riforma fiscale (e nuovi leader)
Nove ministri dalla Lombardia (fra cui il nuovo incaricato per gli Affariregionali, Mariastella Gelmini). Quattro dal Veneto (fra cui Erika Stefani,ministro per le Regioni nel Conte-1; e Renato Brunetta alla Pubblicaamministrazione). Infine: due dall’Emilia-Romagna. Totale: 15 ministri su 23nel nuovo gabinetto Draghi. A caldo i media hanno rimarcato le due cifre perdistinguere fra membri “politici” e “tecnici” dell’esecutivo. Ma la proporzioneindividua anche il peso dei ministri provenienti dalle tre regioni che negliultimi tre anni hanno atteso invano risposte alle loro istanze formali dipassare a un regime di “autonomia rafforzata”.Nell’autunno 2017 Lombardia e Veneto ufficializzarono la loro richiestaattraverso referendum popolari indetti dalle due giunte di centrodestra.L’Emilia-Romagna non tenne invece alcune consultazione sul passo deciso dallasua giunta di centrosinistra. Da allora molto è cambiato – anche se non tutto –attorno ai tre dossier, presentati al Governo Gentiloni ormai a ridosso delleelezioni politiche 2018.Il Governatore veneto, il leghista Luca Zaia, incassò al referendum unclamoroso successo (un quasi plebiscito su un’affluenza record del 57%) e vi hapoi costruito sopra una riconferma ancor più clamorosa (77% di voto personalenel settembre scorso). Zaia è considerato – con il neo-ministro lombardoGiancarlo Giorgetti – il leader moderato della Lega, particolarmente favorevoleal reingresso nella maggioranza di governo del partito pilotato da MatteoSalvini.Stefano Bonaccini – firmatario del progetto di autonomia emiliano-romagnola – èstato riconfermato a capo della Regione poco prima dello scoppio dellapandemia,  dopo un passaggio elettorale molto combattuto. Oggi – all’inizio deldopo-Covid e dopo la svolta-Draghi – l’unico governatore di centrosinistranella Pianura Padana (e presidente della Conferenza delle Regioni) èconsiderato da molti osservatori il primo dei candidati successori di NicolaZingaretti alla guida del Pd.Un profilo meno netto ha avuto fin dapprincipio l’iniziativa lombarda. Ilreferendum promosso dall’allora governatore leghista Roberto Maroni haregistrato la quasi totalità di sì, ma con un’affluenza non superiore al 38%. Èemersa anche in quell’occasione una fisionomia politica regionale frastagliataattorno alla questione “autonomia”: più divisiva che altrove nella regione untempo di Umberto Bossi e tuttora punteggiata di grandi centri metropolitaniamministrati dal centrosinistra. Maroni – dopo aver lanciato la candidatura delsuccessore Attilio Fontana, vincente nel 2018, si è intanto ritirato da ogniincarico pubblico o di partito.L’era Covid, nel frattempo, ha fatto della Lombardia la vera e drammatica “zonarossa” del Paese: fonte permanente di un dibattito sempre più roventesull’attualità del decentramento regionale. D’altro canto uno specificocontraccolpo politico, maturato a Milano un mese prima della crisi di governo aRoma, ha portato Letizia Moratti ad assumere il ruolo di vice-governatore eassessore a Sanità e welfare. Moratti – imprenditrice – è stata ministro dellaScuola (statale e non), ma anche sindaco di Milano (in quanto tale ideatrice diExpo 2015); è stata presidente della Rai (realtà profondamente“nazional-statale”), ma poi anche di Ubi Banca, grande istituzione finanziariasviluppatasi dalla Lombardia in tutto il Paese. È evidente come un innesto diquesta natura – per qualche verso “istituzionale” – tenderà a proiettare di persé riflessioni più articolate ed evolute sul dossier “autonomia rafforzata”: suquello lombardo (mutuato da un’antica aspirazione leghista alla “devolution”)non meno che sugli altri due. I quali saranno pure “sleeping” sui tavoli diGoverno e Parlamento, ma vi rimangono aperti “senza scadenza”. Andrannoaffrontati. E l’agenda del Governo Draghi difficilmente sembra poterne eludernedel tutto l’esistenza.La stesura del Recovery Plan italiano e l’elaborazione di una riforma fiscale –che vedrà prevedibilmente la luce con la manovra 2022 – sono i due impegniprincipali che attendono il premier e il nuovo titolare del Mef, DanieleFranco, finora dirett
ore generale della Banca d’Italia. E possibile che i“ministri della Pianura Padana” non abbiano un ruolo centrale nel doppio parto:meno ancora i tre governatori. Però l’allocazione delle risorse europee per laRecovery e l’impostazione della politica fiscale in vista della stabilizzazionefinanziaria del Paese (debito e deficit nell’orizzonte 2027 del piano Ue)rappresentano macro-scelte d’impatto diretto su Lombardia, Emilia Romagna eVeneto e sulle loro richiesta di autonomia rafforzata. Sono tre regioni che, aidati più grezzi, pesano assieme per il 40% sul Pil nazionale e compaiono alprimo, terzo e quarto posto nel Paese riguardo il cosiddetto “residuo fiscale”,indicatore ultra-sintetico del “dare e avere” tributario di un singoloresidente.È un tema che proprio Moratti ha riproposto un mese fa – in termini per certiversi provocatori – quando ha suggerito al Governo l’opportunità di accelerarela campagna di vaccinazione nelle regioni che “producono più reddito”. È statasubissata di critiche: da parte di quegli stessi esponenti politici ecommentatori che in queste ore sono in prima fila nel denunciare i rischi(almeno presunti) di un “Governo del Nord” dopo 17 mesi di “Governo del Sud”.Salutato peraltro, alla nascita, come esecutivo di “liberazione nazionale”.—- —- —- —-Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazionedi qualità e indipendente.SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI© RIPRODUZIONE RISERVATA