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Edizione del 12/02/2021
Estratto da pag. 1
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Nel Milanese decine di bambini contagiati e 3 scuole chiuse. Umbria verso il rosso. Abruzzo, Toscana e Friuli arancioni
ROMA. Mentre i contagi salgono a quota 15. 146, il livello più alto da due settimane a questa parte e l’Italia rischia di tingersi di nuovo d’arancione con una punta di rosso, le varianti del Covid iniziano a far paura anche nelle scuole. Minacciando di soffiare sul fuoco ancora vivo dell’epidemia, tant’è che il Monitoraggio a cura dell’Iss, in fase di limatura, potrebbe oggi collocare in area rosso lockdown l’Umbria e in arancio Abruzzo, Toscana e Friuli, anche se qualche rischio lo corre anche la Lombardia. Di fronte a una situazione che va peggiorando è stata proprio la Conferenza delle regioni a sollecitare ieri la rapida approvazione di un decreto legge ponte che proroghi al 5 marzo il divieto di spostamento anche dalle regioni gialle, in scadenza lunedì prossimo. Così già oggi, al massimo domani, il governo uscente compirà il suo ultimo atto, mantendo l’obbligo di non varcare i confini regionali. Che non vale per chi ha la seconda casa fuori regione. Casomai in una località sciistica, dove dal 15 febbraio possono riaprire gli impianti di risalita. Anche se in assenza di in nuovo Dpcm, che spetterà a Draghi varare, saranno le regioni a deliberare le norme per sciare in sicurezza già dettate dal Cts.
Intanto le mutazioni del Covid fanno breccia in asili e scuole elementari, come a voler smentire chi tra gli scienziati sostiene non ci siamo prove di una loro maggiore contagiosità tra i più piccoli. A Bollate, alle porte di Milano, i primi casi di variante inglese si sono avuti a fine gennaio, prima all’asilo poi alle elementari. Che da ieri hanno chiuso i cancelli perché il focolaio iniziale è diventato un incendio, con 59 piccoli solo dell’asilo già risultati positivi alla versione britannica del virus, che sicuramente molto più contagiosa è. Per questo si sta cercando di stendere più in fretta possibile un cordone sanitario a difesa di Milano. Sempre che la variante non sia già sbarcata anche li. Ma un’altra mutazione “pediatrica”, ancora più insidiosa, è stata scoperta a Trieste, dove l’Istituto scientifico di ricovero e cura “Burlo Garofolo”, ha individuato la variante “N439K”, fino ad ora riscontrata solo tra gli adulti statunitensi. Secondo i ricercatori non sarebbe pericolosa per i bambini quanto per gli adulti, per i quali non solo è più contagiosa, ma anche resistente ad alcuni anticorpi monoclonali. L’avanzata delle varianti impone più che mai il colpo di acceleratore sulla campagna vaccinale. In Italia così come nel resto d’Europa. E di questo hanno parlato ieri via skype il nostro commissario per l’emergenza Arcuri e quello europeo Thierry Breton, alla guida della task force sui vaccini.
La prima buona notizia è che l’Europa sta trattando con le aziende per aumentare le forniture, visto che alla Commissione non è sfuggito il fatto che mentre si riducono le consegne, in Italia c’è chi propone alle nostre regioni stock da decine di milioni di fiale spuntate non si sa dove. Ma Breton è venuto anche a tastare il terreno, da noi come altrove, per capire se è possibile, anche in barba al brevetto, produrre in proprio i vaccini, oggi in mano solo a tre multinazionali. «Per produrre quelli a Rna messaggero di Pfizer e Moderna serve almeno un anno perché si tratta di tirar su nuovi impianti dotati di sofisticati bo-reattori» ha spiegato Arcuri al commissario Ue. Per quelli a vettore virale potrebbero invece bastare sei mesi. La ricognizione di quali aziende potrebbero accendere i motori in Italia è stata fatta già. Si tratta di sei multinazionali che hanno siti produttivi di vaccini in Italia: Glaxo, Mylan, Sanofi, Seqirus, Merck Sharp & Dohme e Jansens.
È chiaro che tutta l’operazione richiederebbe tempi ancora più lunghi se i proprietari del brevetto non dovessero acconsentire a trasferire il know how tecnologico. Ma l’esempio della Francia che ha imposto un accordo in questo senso a Sanofi e Pfizer dimostra che l’Europa pu
ò usare armi molto persuasive con big pharma, se vuole. Nel frattempo i numeri dell’effetto vaccino sui nostri sanitari sembrano dire che non solo quello di Moderna, ma anche l’antidoto di Pfizer funziona come barriera ai contagi oltre che alla malattia. Dalla struttura commissariale informano che a oggi il 50% dei sanitari ha ricevuto il richiamo, l’80% la prima dose. A fronte di una copertura quindi ancora parziale i contagi sono scesi del 64,2%, passando dai 4.382 casi della settimana dal 13 al 19 gennaio ai 1.570 di quella dal 3 al 9 febbraio.
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