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Edizione del 31/01/2021
Estratto da pag. 1
Sanremo: toglieteci tutto, ma non il Festival
Cosa abbiamo fatto di male noi italiani per toglierci pure Sanremo?Dopo un anno di pandemia, i vaccini che non si trovano, i ristoranti...
Cosa abbiamo fatto di male noi italiani per toglierci pure Sanremo?Dopo un anno di pandemia, i vaccini che non si trovano, i ristoranti che non riaprono, le coppie scoppiate, i figli isterici che per fare lezione con la Dad si chiudono nella doccia e noi, per fare la nostra videocall in santa pace, abbiamo emigrato nel sottoscala del condominio con il fornelletto per il caffè, volete darci la mazzata finale, per caso?Il Sanremone è l’unica certezza che ci è rimasta, l’irrinunciabile madeleine nazionale.È anche una questione di quattrini, scusate la brutalità. Se non si fa, causa mancati incassi pubblicitari per mamma Rai, ci chiederanno l’oro per la Patria per finanziare la cassa Covid e le buonuscite del Guardasigilli Bonafede, al secolo Fofò deejay, e di Rocco Casalino.Il Recovery Plan ce lo siamo (quasi) giocato. Non è che possiamo andare dalla signora Merkel a chiedere un aiuto dell’Europa per i mancati introiti del Festival? Che diranno, poi, i frugali? E anche se fosse, chi ci mandiamo a parlare? Conte si è dimesso, Amadeus minaccia di farlo, Fiorello pure, Mattarella è impegnato con le consultazioni. Mandiamo Pippo Baudo? Potrebbe essere una buona idea.Ma davvero dopo tutti questi ciampolilli in Parlamento, questi Jake Angeli in giacca e cravatta che hanno raggiunto il laticlavio dopo una gara di like su Facebook, questi aedi del ciclo del glucosio, volete privarci del rito più congenitamente democristiano, quindi serissimo, che esiste (e resiste) nel nostro amato Paese? Rassicurante come un discorso di Mariano Rumor, eccitante come un’intervista di Arnaldo Forlani, anestetico come un’analisi politica di De Mita, sapido come una battuta di Andreotti. È di questo che abbiamo bisogno, noi italiani, soprattutto in questo momento: normalità, toni pacati, usato sicuro, serate soporifere, il ritorno del sempre uguale.

Altro che toglierci Sanremo. Bisognerebbe stoppare le conferenze stampa di Arcuri per una settimana e darci Amadeus e Orietta Berti a reti unificate. Mandare Speranza a presiedere la giuria di qualità. Massimo Galli co-conduttore con Elodie e Ilaria Capua.Giovanni Toti inviato in una Rsa a vedere il Sanremone con le persone “non più indispensabili per lo sforzo produttivo del Paese”. Trasformare i punti primula, che nessuno ha capito a cosa servono, in gazebo per votare i cantanti in gara.Perché Sanremo è Sanremo, e rappresenta al meglio il peggio della tradizione nazionale modello “canta che ti passa”.Cari Franceschini, Speranza ed esperti del Cts, ma ce l’avete il polso del Paese reale? Guardate come siamo ridotti. Come tanti Pinocchi atterriti dalle sparate della politica, nauseati dai talk show, appesi alle bizze di Renzi, stremati dalla reclusione. Ecco perché abbiamo una voglia matta di tornare per una settimana nel ventre della Balena, bianca ça va sans dire. E il pubblico, come facciamo con il pubblico? Metteteci i congiunti di Amadeus, i figli di Graziano Del Rio, i Mastellas, chi vi pare.I responsabili non potrebbero traslocare all’Ariston una settimana? Se si sono messi insieme al Senato per salvare il governo del Paese, vuoi che si tirino indietro per salvare il Sanremone nazionale? L’Italia chiamò, diamine.Oppure ce li facciamo prestare da Alberto di Monaco e li facciamo arrivare da Montecarlo che è a due passi. Lì sono tutti ricchi, si fanno il tampone ogni quattro ore e sono tutti vaccinati anche con gli anticorpi monoclonali. Se Sua Maestà vuole una contropartita, possiamo sempre provare a prestargli Rocco Casalino come capo ufficio stampa del Festival del Circo di Montecarlo (anche perché di circo se ne intende eccome, dopo due anni tra Palazzo Chigi e Montecitorio).Il senatore Gregorio De Falco potrebbe andare sulla nave da crociera dove sistemare i giornalisti della sala stampa. Così anche Mentana con la sua maratona trasloca in Riviera per una settimana e prende due piccioni con una fava.

Non chiediamo certo la luna. Non pretendiamo di tornare ai fasti del passato, tipo Louis Armstrong (superospite nel 1968), Buster Bloodvessel e i Dire Straits ('81), Peter Gab
riel ('83), Freddie Mercury ('84), Simon Le Bon ('85), Whitney Houston ('86), gli U2 (2000).Ci accontentiamo di Alessandra Amoroso e Anna Tatangelo. Anche dei Pooh spaiati e del figlio di Mario Merola. Anzi, un Sanremone autarchico e vintage è ancora più dolce e rassicurante.Ridateci anche quest’anno l’abito della valletta, la canzone d’amore, la rima cuore-amore, la rutilante scenografia, l’orchestra in piccionaia, il maestro Vessicchio, i fiori, la scalinata monumentale, le polemiche brillanti, le gag che non fanno ridere, gli appelli edificanti, la marchetta al film di Muccino e le nonnine con l’Amplifon in platea. Sanremo non è uno spettacolo, è una categoria dello spirito. In questo mondo stravolto dalla pandemia, è uno dei pochi classici nazionali che ci rimane come il traffico da bollino nero a Ferragosto, l’accorato appello del Papa e la ferma condanna del presidente.Vogliamo fuggire dagli orrori della pandemia e tornare in quella bolla spazio – temporale che è l’Ariston dove anche se è il 2021 potremmo essere negli anni Ottanta con i Ricchi e Poveri a cantare Sarà perché ti amo e Fanfani che sale al Quirinale per giurare davanti a Pertini o negli anni Sessanta con l’inaugurazione dell’autostrada del Sole.Con la pandemia che ha fatto a pezzi il nostro futuro, non toglieteci chi ha reso felice il nostro passato. In fondo, è solo una settimana.