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Edizione del 02/01/2021
Estratto da pag. 1
Toti: “Più confronto sulle chiusure. Non faremo da stampella a Conte” - italia
Il presidente della Liguria: la situazione negli ospedali è migliorata.  E sulla corsa ai vaccini: «Non serve finirli prima, ma usarli tutti» 
Genova – Il sistema della divisione dell’Italia in zone e colori torna a tenere le Regioni con il fiato sospeso. Per Giovanni Toti, presidente della Liguria e vicepresidente della Conferenza delle Regioni, ci sarebbe bisogno di un “tagliando”, tenendo conto di parametri più recenti, ma anche della situazione socio-economica.Presidente Toti, dal 7 gennaio si torna al sistema della divisione in zone. Andrebbe cambiato qualcosa? «Lo ha detto il ministro Speranza, ci aspettiamo le ordinanze conseguenti. Ma ricordo che come Regioni abbiamo chiesto più volte di rendere i parametri su cui si basano le decisioni più aderenti alla realtà del momento: siccome il 7-8 gennaio uscirà il nuovo report, spero che non ci si basi su quello precedente che tra l’altro si riferisce a dati di 10-14 giorni prima. Credo che il sistema abbia funzionato bene nel contenimento dei contagi, ma abbiamo chiesto con insistenza di apportare alcune modifiche, come l’inserimento dei tamponi rapidi antigenici nel conteggio, altrimenti la percentuale di positivi rischia di essere falsata. Inoltre vorremmo che ci fosse un confronto preventivo con i territori».La Liguria rischia restrizioni più forti? «Bisogna valutare coi dati più attuali: abbiamo avuto una crescita del valore di Rt che ci aspettavamo, con lo shopping natalizio, ma la situazione degli ospedali è migliorata e siamo sotto le soglie di criticità».Vi preoccupa la riapertura delle scuole al 50%? «No, è chiaro che varrà qualcosa in termini di incidenza, ma penso che il valore sociale della riapertura sia superiore».Lei ha ricevuto minacce in una lettera che fa riferimento alla chiusura dei ristoranti, è un segnale di esasperazione sociale? «Al di là dell’episodio, è chiaro che c’è un malessere e che nella popolazione c’è l’aspettativa di andare verso una riapertura generale. Per questo ritengo che sia da considerare un doppio cruscotto, per chi decide: da un lato teniamo ben presente i dati del Covid, dall’altro dobbiamo considerare la sofferenza di categorie che da quasi un anno vivono in produttività parziale e bisogna fare arrivare in vita sino a quando la vaccinazione non avrà coperto abbastanza persone».L’Italia non sta andando troppo lenta sui vaccini Covid? Ora le dosi ci sono, ma la percentuale i è ancora bassa. «Non è una corsa dei cento metri, ma bisogna rispettare il piano della prima fase: per la Liguria ci sono 60mila dosi destinate a ospedali e Rsa, se anche li facessimo tutti in una settimana aspetteremmo comunque il 21 gennaio per dare la seconda dose: non serve finirli prima, ma usarli tutti».Il Paese può permettersi una crisi di governo in un momento come questo? Voi di Cambiamo! avete chiarito che non farete mai da stampella a Conte. «Non abbiamo condiviso quasi nulla di questo governo e non faremo da stampella a un esecutivo che rischia di perdere due grosse occasioni come il Recovery fund e il Mes. Detto ciò, ho la sensazione che questa crisi si risolverà un trattative da retrobottega per qualche poltrona. Il voto anticipato mi pare una strada poco percorribile tra la pandemia e il timore generato in molti partiti dalla riforma del taglio dei parlamentari».Lei si è stupito per la reazione dei leghisti ad un post in cui faceva gli auguri alla prima nata a Genova, una bimba di colore. «Credo ci sia un quid di nervosismo di troppo in un momento in cui ci sono tanti problemi da affrontare per la pandemia e ci vorrebbe più sobrietà anche nelle reazioni. Io volevo solo dare un benvenuto a questi bimbi, senza occuparmi della loro nazionalità, cosa che mi sembrava opportuna nella regione più vecchia d’Italia. Tutto qua, il dibattito sullo Ius soli non c’entra».Ma quello dello Ius soli è un tabù per il centrodestra? «Non può essere un tabù: detto che non è certo il momento, in una crisi pandemica, credo che se si è giustamente rigidi nell’approccio sui confini e sugli ingressi nel Paese, si possa anche discutere di integrazione e di chi nasce qui, con maggiore sobrietà nei contenuti e nelle espressioni». 

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