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Edizione del 03/01/2021
Estratto da pag. 1
L'Italia è seconda in Europa, dopo la Germania, per numero di vaccinati. È quanto fanno sapere gli uffici del Commissario per l'emergenza, Domenico Arcuri, da cui si specifica che secondo gli ultimi dati raccolti dalle varie regioni, le vaccinazioni in Italia hanno raggiunto quota 63.263.
Mancano medici e siringhe, per vaccini volontari e pensionati - Carenze di personale sanitario e di siringhe: sono le zavorre che stanno rendendo tutt'altro che sprint la partenza della campagna per la vaccinazione contro il Covid in Italia. Nei primi tre giorni sono state somministrate oltre 52mila dosi, poco più di una su dieci delle 469.950 fiale Pfizer-Biontech già consegnate. All'estero si prosegue a ritmo decisamente più elevato: tralasciando Israele, che ha vaccinato oltre l'11% della popolazione, dall'Inghilterra alla Germania, passando per Polonia e Croazia, molti stanno facendo meglio dell'Italia, che finora ha coperto lo 0,08% dei cittadini (ma va tenuto conto che al momento il vaccino non è previsto sotto i 16 anni). Mentre la provincia autonoma di Trento marcia a ritmo sostenuto (quasi il 35% delle dosi consegnate), il Lazio è la prima regione per vaccini somministrati in assoluto, quasi 11mila (oltre il 23%). Con numeri ben inferiori, anche l'Umbria sfiora il 20%, mentre sette regioni non arrivano al 4% delle fiale a loro disposizione: Abruzzo, Lombardia, Calabria, Basilicata, Valle d'Aosta, Sardegna e il Molise, con 1,7% fanalino di coda nella graduatoria aggiornata ogni giorno dal commissario per l'emergenza. "Occorre una poderosa accelerazione", avverte la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa, sottolineando che "le regioni devono mettersi a correre: nessuna dose utilizzabile può attendere di essere usata anche solo per qualche ora. Usiamo anche le ore serali ma corriamo. Presto arriverà anche Moderna". "Il ritmo a cui il vaccino viene somministrato in questi primi giorni è davvero preoccupante", denuncia Italia Viva. In Lombardia i partiti di opposizione, Pd e M5S, attaccano la giunta Fontana parlando di "confronto disarmante con altre Regioni". "Polemiche pretestuose", è la replica dell'assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, e Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni, predica pazienza: "Mi metterei a guardare tra qualche giorno e qualche settimana, non minuto per minuto". Dai racconti di chi si occupa della campagna vaccinale sui territori, però, emergono chiaramente le ragioni di questa partenza a rilento. Innanzitutto ci sono problemi nel reclutamento di dottori e infermieri: in diversi punti vaccinali il personale, anche alle prese con l'attività legata ai tamponi, è pronto a fare i doppi turni mentre in altri è stato necessario richiamare medici in pensione o ricorrere a volontari. Le difficoltà principali si verificano dove già prima scarseggiava il personale dedicato alle vaccinazioni tradizionali. L'azienda sanitaria del Molise cerca con urgenza di reclutarlo fra i propri dipendenti. In Calabria e in altre regioni, i medici sono costretti a somministrare le dosi anche fuori dall'orario di lavoro.
Un freno, raccontano dalle corsie degli ospedali, sarebbe anche il vincolo di esclusività che impedisce di prestare opera extramoenia. In diverse strutture di Lombardia e Marche non sarebbero invece ancora arrivate le siringhe di precisione e si è ricorso in alcuni casi alle scorte degli stessi ospedali. C'è poi il fattore ferie del personale, motivo per cui in alcune strutture della Sardegna le vaccinazioni della 'fase 1', partiranno il 7 gennaio. Finora quasi 46mila vaccini sono andati agli operatori sanitari, categoria in cima alle priorità anche nel piano della Città del Vaticano, prima di forze dell'ordine, anziani e addetti dei Musei vaticani: la campagna inizierà a metà gennaio, con le dosi Pfizer in arrivo che dovrebbero bastare a immunizzare lo Stato più piccolo del mondo.
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