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Edizione del 09/12/2020
Estratto da pag. 1
[CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME, CONFINDUSTRIA, ANCE E LUISS] INDAGINE SU INFRASTRUTTURE E CONTRATTI PUBBLICI: CODICE APPALTI RALLENTA INVESTIMENTI. SERVE SEMPLIFICAZIONE
(AGENPARL) – mer 09 dicembre 2020 217 operatori economici – rispondendo ad un’indagine realizzata da
Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Confindustria,
Ance e Luiss – hanno fornito una vera e propria radiografia delle
difficoltà del sistema dei contratti pubblici nel nostro Paese.
Emerge un giudizio critico sul Codice dei contratti pubblici del 2016
che risulta di difficile applicazione, che ha rallentato la
realizzazione degli investimenti pubblici e che ha aggravato gli
adempimenti burocratici. Anche il decreto sblocca cantieri non sembra
aver risolto le principali criticità normative preesistenti (lo pensa
l’81% dei Responsabili unici del procedimento, Rup, più giovani e le
percentuali scendono al salire dell’età, fino a un comunque robusto
62% nella fascia dei più anziani). Perplessità anche sulla normativa
anticorruzione: solo il 13 % dei Rup che hanno un ruolo di
direttore/dirigente apicale la ritiene utile e rispondente ad esigenze
di trasparenza Rispetto al grado di criticità delle varie fasi del
ciclo dei contratti pubblici l’attenzione dei Rup si concentra su gara
e aggiudicazione.
Tra le misure che potrebbero far funzionare meglio il sistema gli
oltre 5000 Rup consultati indicano una razionalizzazione del numero
delle stazioni appaltanti e secondo le 217 imprese è fondamentale un
percorso di qualificazione e professionalizzazione delle stazioni
appaltanti.
Sono questi solo alcuni dei dati della ricerca che è stata
illustrata nel corso dell’evento on line “PERCHE’ IN ITALIA LE OPERE
PUBBLICHE SONO FERME?” da Bernardo Giorgio Mattarella (Professore
Ordinario di Diritto Amministrativo presso la LUISS “G. Carli”).
In apertura dei lavori il Vicepresidente della Conferenza delle
Regioni, Giovanni Toti, ha ricordato che “Oggi – attraverso i dati
di questa ricerca – più di 5000 Responsabili Unici del Procedimento
(RUP) ed oltre 200 imprese di diverse dimensioni inviano al mondo
delle istituzioni un messaggio univoco: ‘semplificate davvero e fate
presto!’ ”.
I lavori sono poi proseguiti con una tavola rotonda, moderata da
Giorgio Santilli (Il Sole 24 ore), a cui hanno partecipato Giuseppe
Busia (Presidente ANAC), Fulvio Bonavitacola (Coordinatore della
Commissione Infrastrutture, mobilità e governo del territorio della
Conferenza delle Regioni e delle Province autonome), Giulio Veltri
(Consigliere di Stato), Stefan Pan (Delegato del Presidente di
Confindustria) e Edoardo Bianchi (Vicepresidente ANCE). L’intervento
di Paola De Micheli (Ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti) ha
concluso i lavori.
Prendendo spunto proprio dai dati presentati oggi, Fulvio
Bonavitacola (Commissione infrastrutture Conferenza delle Regioni) si
è soffermato su “alcuni tabù che insieme Stato e Regioni hanno il
dovere di sfatare. Il primo è che appesantimenti burocratici e
complessità delle procedure possano rappresentare un antidoto alla
corruzione. Il secondo è che il processo di responsabilizzazione del
dirigente pubblico coincida con un aggravio normativo che invece, al
contrario, ha generato il fenomeno diffuso della “paura della
firma” ed una fuga dalla responsabilità. Infine il tema delle
“procedure di gara e delle aggiudicazioni” che ha bisogno di un
serio tagliando. Temi su cui come Conferenza delle Regioni abbiamo
fatto diverse proposte concrete per semplificare i procedimenti e
rendere più celere il processo che porta alla realizzazione delle
opere pubbliche. Siamo stati finora inascoltati, ora ci auguriamo che
l’atteggiamento dell’esecutivo cambi”.
Per Stefan Pan (Confindustria) “l’uscita dalla crisi economi
ca
provocata dalla pandemia non può prescindere da un effettivo rilancio
della politica infrastrutturale e dal miglioramento dell’efficienza
programmatica e realizzativa degli investimenti in opere pubbliche.
Giocano un ruolo determinante l’efficienza dei processi decisionali,
l’adeguamento professionale e tecnologico della pubblica
amministrazione, una migliore qualità progettuale e un’efficace
regolazione del mercato dei contratti pubblici. Per il buon
funzionamento complessivo della politica infrastrutturale non si può
ricorrere continuamente a correttivi o a deroghe, ma serve un sistema
normativo e regolatorio il più possibile semplice, chiaro, flessibile
e ragionevolmente stabile nel tempo”.
Infine Edoardo Bianchi (Vicepresidente Ance) ha rimarcato “Da oltre
venti anni il mercato dei lavori pubblici è afflitto da una schizoide
ipertrofia normativa e da una progressiva carenza di risorse perché
destinate prioritariamente a favore della spesa corrente. In tutto il
settore vige una presunzione di colpevolezza che ha definitivamente
bloccato ogni cosa. Serve chiarezza sulla centralità, per ora solo a
parole, delle infrastrutture per rilanciare il Paese.”
Di seguito la scheda di sintesi relativa alla ricerca
CONTRATTI PUBBLICI: LA PAROLA AGLI OPERATORI
I risultati di una ricerca su 5104 RUP (Responsabili unici del
procedimento e 217 imprese
Indagine realizzata da: Conferenza delle Regioni e delle Province
autonome, Confindustria, Ance e Luiss
5104 stazioni appaltanti e 217 operatori economici – rispondendo ad
un’indagine della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome,
di Confindustria, di Ance e della Luiss – hanno fornito una vera e
propria radiografia delle criticità del sistema dei contratti
pubblici nel nostro Paese.
I Responsabili unici del procedimento (Rup) delle stazioni appaltanti
hanno espresso un giudizio critico sul Codice dei contratti pubblici
del 2016, perché risulta di difficile applicazione, ha rallentato la
realizzazione degli investimenti pubblici ed ha aggravato gli
adempimenti burocratici. Un giudizio negativo che si attenua nelle
generazioni più giovani. Giudizi più favorevoli sul decreto
“sblocca cantieri ma è molto diffusa l’idea che non abbia
“risolto le principali criticità normative preesistenti” (lo
pensa l’81% dei più giovani e le percentuali scendono al salire
dell’età, fino a un comunque robusto 62% nella fascia dei più
anziani).
Rispetto alla normativa anticorruzione solo il 38% di chi ha meno di
35 anni la ritiene utile e rispondente ad esigenze di trasparenza, ma
questo giudizio favorevole diventa assolutamente minoritario tra chi
è direttore/dirigente apicale (13%).
L’età anagrafica pesa di più nella valutazione della normativa sui
gravi illeciti professionali. Il 42% dei più giovani (un po’ meno del
doppio rispetto alle altre fasce d’età) ritiene che garantisca
“l’integrità e l’affidabilità degli operatori economici”. Il 51%
dei più anziani (e il 55% dei direttori/dirigenti apicali) lamenta un
aggravio degli adempimenti, a fronte del 36% dei più giovani.
L’espansione delle competenze regolative dell’ANAC ha contribuito a
garantire trasparenza e legalità? Sì per 65% dei più giovani, no
per il 51% dei più anziani e per il 42% i direttori/dirigenti
apicali. Per la maggior parte degli interpellati comunque l’azione
dell’autorità ha aggravato gli adempimenti burocratici.
Rispetto al grado di criticità delle varie fasi del ciclo dei
contratti pubblici il 49% dei più giovani e il 61% dei più anziani,
si concentra su gara e aggiudicazione.
Il giudizio sull’e-pro
curement risente ovviamente della variabile
anagrafica appare ancor più saliente. L’alternativa “ha determinato
maggiori garanzie in termini di trasparenza e legalità” infatti
ottiene il 63% dei consensi tra i più giovani, tra il 44 e il 45%
nelle fasce dai 36 ai 55 anni, il 38% tra gli ultracinquantacinquenni.
Fra i 217 operatori economici si nota un consenso sempre maggiore via
via che cresce il fatturato (da un minimo del 47% a un massimo del
67%). Al contempo, il 62% delle aziende con fatturato maggiore di 20
milioni di euro non concorda con l’affermazione secondo cui
l’e-procurement non è capace di ridurre la corruzione, al contrario
del 60% delle aziende in cui il fatturato non arriva al mezzo milione
che invece ritiene che sia così.
Il fenomeno della “paura della firma” è frutto (secondo più del
50% degli intervistati) del timore di incorrere in responsabilità
penali, civili o amministrative ed ha come conseguenza la rinuncia
all’utilizzo di procedure d’acquisto, un’attenzione alla correttezza
formale a danno del risultato finale del contrato, il mancato utilizzo
dei fondi europei perché oggetto di articolati controlli ulteriori.
Tra le “azioni” che potrebbero far funzionare meglio le
“stazioni appaltanti” gli oltre 5000 Rup sentiti puntano sulla
drastica compressione del loro numero perché consentirebbe di
focalizzare il monitoraggio anticorruzione su una rosa ristretta di
soggetti che consentirebbe una maggiore qualificazione (soprattutto in
entrata) e sulla adeguata remunerazione di chi si occupa di appalti.
E secondo le 217 imprese è fondamentale proprio la “qualificazione
e professionalizzazione delle stazioni appaltanti”: il 76% di
consensi per la fascia delle aziende più floride e il 73% per quelle
con minor giro d’affari. Mentre il “c.d. appalto integrato su
progetto definitivo” invece piace alle prime (71%), ma assai meno
alle seconde (53%), e ancor meno a quelle che fatturano tra i 500mila
euro e il milione (43%). Quanto alle azioni necessarie per ridurre il
contenzioso, il 67% delle aziende sopra i 20 milioni dice “ricorso
alle centrali di committenza”, mentre tale percentuale crolla al 20%
per quelle sotto il mezzo milione. Un consenso generalizzato si ha
invece per i “termini perentori per l’accordo bonario …”.
L’effettiva e congrua riduzione del contenzioso e dei suoi tempi
verificatasi (a dispetto della vulgata) dopo l’adozione del Codice è
in effetti meritevole di approfondimento.
La “centralizzazione e aggregazione della committenza” gode del
69% dei consensi tra i Rup con meno di 35 anni, e scende al 50% fra
chi ha più di 55 anni.
Per quanto riguarda invece gli operatori economici interpellati il
71% delle imprese sopra i 20 milioni è a favore della
“centralizzazione e aggregazione delle committenze”, contro il 47%
di quelle sotto i 500mila euro.
Infine la digitalizzazione incontra il 92% dei consensi tra i Rup
più giovani e scende al 78% tra i più anziani.
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