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Edizione del 22/01/2020
Estratto da pag. 1
Dalla Toscana sì alla transizione verde, ma perché sia anche giusta deve essere governata
Dalla Toscana sì alla transizione verde, ma perché sia anche giusta deve esseregovernataRossi: «Se la transizione non sarà governata, il rischio è che a pagare siano ilavoratori e i ceti popolari»[22 Gennaio 2020][ater]diLuca Aterini[rossi-bruxelles-transizione-verde-320x234]La transizione verde, ovvero l’auspicata trasformazione del nostro modello dicrescita in un più solido strumento di sviluppo sostenibile nel tempo,rappresenta l’opzione migliore per coniugare le esigenze del lavoro con quelledell’ambiente: a patto che sia adeguatamente governata dalle istituzioni.Il presidente della Toscana Enrico Rossi, in qualità di vicepresidente dellaCrpm (Conferenza delle Regioni marittime) è intervenuto ieri a Bruxelles perribadire il proprio «sì alla transizione verde e al Green new deal. Ma nonsottovalutiamo l’impatto che potrà avere su occupazione e mondo del lavoro. Sela transizione non sarà governata, il rischio è che a pagare siano i lavoratorie i ceti popolari».Rossi ha poi aggiunto, esprimendo qualche preoccupazione, che «i fondi chevanno alle Regioni vanno indirizzati al Green new deal: fondi per la ricerca,per l’innovazione, per la formazione e anche per l’agricoltura. Sonopreoccupato perché sento parlare di risorse fresche, ma dove si prenderanno?Rispetto ai grandi impegni che derivano da una transizione ecologica non sideve ridiscutere in Europa anche della possibilità di una tassazione europea?».Il presidente ha quindi concluso il proprio intervento sottolineando lanecessità di andare in direzione di una lotta forte e determinata aicambiamenti climatici. «Ma dobbiamo stare attenti al rischio che questatransizione può avere sul mondo del lavoro. O sarà regolata o, come giàavvenuto con la globalizzazione, a pagare saranno le classi operaieoccidentali. Ed in particolare chi ancora lavora in miniera, e sono ancoratanti, oppure nel settore automotive. Come riusciremo a garantire una giustatransizione dal posto di lavoro al posto di lavoro? Saranno sufficienti ifinanziamenti per la formazione o occorreranno nuovi strumenti? E come possiamosupportare in quanto regione il vostro lavoro?».Quel che è cherto è che, secondo l’ultimo rapporto GreenItaly, nel 2018 ilnumero dei green jobs in Italia ha superato la soglia dei 3 milioni: 3.100.000unità, il 13,4% del totale dell’occupazione complessiva (nel 2017 era il13,0%). L’occupazione green nel 2018 è cresciuta rispetto al 2017 di oltre 100mila unità, con un incremento del +3,4% rispetto al +0,5% delle altre figureprofessionali, ovvero con un ritmo di crescita 7 volte più veloce. Un trendche, se sostenuto da un adeguato flusso di investimenti, permetterebbe di dareulteriore linfa al mondo del lavoro; la Fondazione per lo sviluppo sostenibile,guidata dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, afferma al proposito cheintervenendo su cinque macrosettori relativi allo sviluppo sostenibile èpossibile stimolare la crescita di altri 800.000 nuovi posti di lavoro entro il2025.Tutto questo non significa però che la transizione verde sarà anche indolore,anzi. Alcune produzioni (come quelle legate ai combustibili fossili) andrannogiocoforza riducendosi nel tempo, altre – come nel caso della rivoluzioneelettrica che sta investendo il mondo dell’automotive – cambierannoradicalmente nei prossimi anni. Per poter affrontare questa transizione ilavoratori non possono essere lasciati soli, ma accompagnati da strumenti diwelfare adeguati, da investimenti pubblici e da un processo di formazionecontinua; a rimetterci altrimenti saranno non soltanto loro ma l’interopianeta, perché come affermava già molti anni fa Alexander Langer “laconversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmentedesiderabile”.