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Edizione del 23/11/2020
Estratto da pag. 1
- - Sanit?, Nursing Up: "Ad oggi mancano 90mila infermieri, dati allarmanti"
[606520_Cfa] 5' di lettura 23/11/2020 - "Ad oggi mancano all’appellooltre 90mila infermieri per sopperire alla grave carenza di personale nellasanità pubblica italiana". Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale delNursing Up, porta alla luce la nuova indagine sindacale, il nuovo report, chefa emergere dati davvero drammatici che vanno anche ben di là delle piùnegative previsioni.«I numeri parlano chiaro: siamo partiti dalla carenza strutturale di infermiericertificata dalla Fnopi alla conclusione della prima ondata del virus. Parliamodi 53mila unità. A questi dati abbiamo aggiunto i colleghi che avevano irequisiti per andare in pensione nel 2019, che sono tantissimi, il cui impattonegativo è ricaduto ovviamente sulla forza lavoro del SSN nel 2020, quindi nelmomento peggiore, quello del Covid .Si calcola che sono circa 22000 gli infermieri (sempre dati ufficiali FNOPI)che avevano i requisiti alla fine del 2019 per lasciare il proprio posto dilavoro e per godersi il “meritato riposo”, a questi aggiungiamo iprofessionisti idonei ad usufruire del percorso agevolato criterio “quota 100”,ovvero quello che ha consentito a tanti lavoratori, compresi quelli dellasanità, di andare in pensione sommando l’età anagrafica agli anni di contributiversati.Si conteggiano in questo modo 75000 infermieri in meno. Eppure non basta. Nonfinisce qui!Almeno altri 9600 infermieri sono necessari per garantire il serviziodell'infermiere di famiglia, tanto annunciato ed acclamato, oltrechè previstodal decreto rilancio, ma che per ora è solo sulla carta nella maggioranza diregioni italiane. Infine, bisogna aggiungere al computo, gli infermierinecessari per garantire il fabbisogno dei nuovi posti di terapia intensiva,sempre voluti in più dal Governo, che secondo l’Università di Padova, tra primae seconda emergenza si assesta su un numero di 3553 unità in più. Partendo daquesti dati, è stato utilizzato come parametro di riferimento il numero di orelavorate per Full Time Equivalente (FTE), identificato dalla Commissione Salutedella Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, in data 20.12.2017,ed è stato applicato, per la rilevazione del fabbisogno, il valore mediano deiparametri minimi e massimi ivi adottati per le terapie intensive.In sostanza, per il calcolo degli infermieri necessari sono stati applicativalori di riferimento anche inferiori rispetto a quelli normalmente applicatiper le terapie intensive Covid. Ciò posto, ne discende che, per garantirel'ottimale servizio di assistenza infermieristica (con riferimento ai postiletto di terapia intensiva neo costituiti), il SSN ha bisogno di assumereulteriori 8389 infermieri oltre, ovviamente, ad almeno 800 Operatori SocioSanitari.A questo punto ci chiediamo cosa succederebbe se la necessità di nuovi ricoveridovesse portare alla saturazione dei posti in terapia intensiva unicamenteattraverso pazienti Covid. Il conto è allarmante, perchè per ogni paziente diterapia intensiva occorrono almeno 3 infermieri e 1 anestesista. Lo dice unacircolare della Regione Lombardia che fa riferimento ai moduli delle Fiere diMilano e Bergamo, e tale numero è anche superiore agli infermieri chenormalmente dovrebbero essere impiegati in una terapia intensiva. Pertantoquesta evenienza, tutt'altro che improbabile, farebbe salire ulteriormente ilnumero di infermieri necessari per i nuovi posti attivati, da 8389 fino a10659.Con i dati descritti, si presenta davanti a noi un fabbisogno di almeno 92959infermieri, che potrebbe arrivare sino a 95259, se tutti i nuovi posti diterapia intensiva fossero occupati con pazienti Covid 19 (perchè il fabbisognoaumenta). Parliamo di personale da assumere, beninteso, in forma strutturata eda tempo indeterminato, se si vuole risolvere una volta per tutte la gravepenuria di infermieri che rende incerta l'assistenza.Ma non finisce qui. Infatti le gravi carenze negli organici del SSN, frutto didecenni di irresponsabile austerità, vengono ulteriormente aggravate dalleassenze temporanee del personale interessato, in un contesto crono sociologicoche ha visto aumentare esponenzialm
ente il tasso di morbilità infermieristica.Alla fine, oltre ai numeri elencati, bisogna tener conto che non meno di 18milainfermieri hanno avuto bisogno di assentarsi dal posto di lavoro per periodipiù o meno lunghi di malattia, tra gli oltre 28mila che si sono ammalati diCovid da fine gennaio in poi. E questi colleghi avrebbero dovuto esseresostituiti con altrettanti colleghi a tempo determinato, essendosi generata,nei fatti, un'ulteriore impennata di fabbisognoì, seppur limitata ai periodi diassenza dei titolari.Non c’è dubbio, conclude De Palma, i numeri che emergono dalla nostra inchiestasono davvero preoccupanti. La riflessione a questo punto è inevitabile: se ilGoverno avesse messo in atto la strategia sacrosanta dei contratti a tempoindeterminato con retribuzioni degne dell'elevata professionalità degliinfermieri italiani, non lasciando che in alcune Regioni (vedi la Campania) iprecari tra gli infermieri Covid raggiungessero, scandalosamente, anche finoall’80% del personale, e se avessero richiamato anche i tanti colleghiall’estero, letteralmente scappati via di fronte a proposte ben piùgratificanti, forse, e diciamo forse, oggi potremmo contare su almeno il 20/30%di infermieri in più rispetto alla carenza attuale.Si pensi, ma solo per esempio, ai molti colleghi, vedi il caso delle Marche,che non hanno accettato contratti a tre mesi e che oggi preferiscono la liberaprofessione o addirittura la disoccupazione.Insomma, pur consapevoli che l’emergenza Covid ha reso più profonda la voraginegià presente nella sanità, siamo convinti, al contrario di ciò che qualcunaltro sta provando a dire, che un certo numero di infermieri italiani sulmercato c’è, ma che bisogna coinvolgerli con politiche contrattuali adeguate evalorizzanti, per coprire almeno in parte l’enorme falla!».*