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Edizione del 10/11/2020
Estratto da pag. 1
Monia Monni, economia circolare e geotermia al centro dello sviluppo sostenibile toscano
La prima intervista al nuovo assessore regionale all’AmbienteMonia Monni, economia circolare e geotermia al centro dello svilupposostenibile toscanoPer superare la crisi Covid-19 insieme a quella climatica serve un percorso disviluppo che sia in grado di durare nel tempo: «Fondamentale recuperare unrapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni»[10 Novembre 2020][ater]diLuca Aterini[monia-monni-2-320x234]È Monia Monni il nuovo assessore all’Ambiente della Giunta toscana, nata dalleelezioni che hanno portato Eugenio Giani alla guida di una legislatura chiamataad affrontare sfide impervie.Su un territorio che ancora non ha riassorbito il colpo arrivato con ladepressione iniziata nel 2008 si è abbattuta la nuova crisi da Covid-19, allacui ombra continua a montare – forse più silenziosa ma dalle prospettive ancorapiù allarmanti – quella legata ai cambiamenti climatici in corso.Monni, cui è stata affidata anche la delega alla Protezione civile, in questomomento siede tra i due fuochi. Ma insieme alla gestione dell’emergenzasanitaria c’è da mettere in campo una nuova prospettiva di sviluppo,sostenibile, per rinascere dalle macerie della pandemia. Nella scorsalegislatura l’impegno di Monia Monni nel ruolo di consigliera regionale è statodeterminante per fare della Toscana la prima Regione in Italia ad inserire lasostenibilità e l’economia circolare nel proprio Statuto: dopo una rivoluzionedi principio adesso è però l’ora della concretezza, un salto di qualitàtutt’altro che scontato.Il nuovo Programma di governo della Toscana punta a «portare la raccoltadifferenziata all’80% e il riciclo della materia al 65% entro il 2030»,anticipando gli obiettivi Ue sui rifiuti urbani. In che modo?«Per quanto importante la raccolta differenziata non è un obiettivo, ma unostrumento a servizio del riciclo: nel nuovo Prb (Piano regionale rifiuti ebonifiche, ndr) vorrei fosse questo il vero target».Ma il Prb è atteso dalla scorsa legislatura, quando sarà pronto?«C’è un orizzonte dettato dalla legge. Dobbiamo avviare a breve l’iter e lofaremo: il percorso di approvazione di un Prb occupa almeno un anno, se siamobravi e veloci, perché vanno considerate anche tutte le procedure dipartecipazione collegate e la concertazione con i territori. Tra l’altro iovorrei anche dotarmi di un’analisi Lca per una pianificazione più efficace ecapire quali sono le reali esigenze impiantistiche. L’iter del Prb dunque èlungo, ma ci stiamo già attrezzando per metterci a tracciare la rotta appenafinita l’emergenza della pandemia».Tornando agli obiettivi esplicitati nel Programma di governo, partiamo dal datosulla raccolta differenziata: oggi è al 60%.«Dobbiamo migliorare ma i dati mostrano che la strada intrapresa è corretta,nell’ultimo anno abbiamo registrato un +4% ed è la prima volta di un progressocosì omogeneo sul territorio regionale. Serve un’ulteriore spinta propulsivache passa per un ampliamento dei sistemi di raccolta: il porta a porta si èmostrato quello più efficace ma non è l’unico, a seconda dei contesti servonoanche forme di raccolta con scelte tecnologiche diverse, oltre a meccanismipremiali come la tariffa puntuale. Ma in ogni caso l’elemento fondamentale èessere in grado di re-immettere i rifiuti raccolti all’interno di un ciclo direcupero e riciclo: dobbiamo potenziare e diversificare l’attuale sistemaimpiantistico di piattaforme legate alla valorizzazione dei rifiuti in nuoviambiti produttivi, superando la logica dello smaltimento».Ad oggi circa il 30% dei rifiuti va in discarica, ma l’impianto più grande diquesto tipo in Toscana – quello di Scapigliato – ha in progetto di renderlomarginale entro il 2030 risalendo la gerarchia di gestione. Immagina percorsidel genere?«Senz’altro. Sono consapevole che c’è un eccesso di rifiuti portati indiscarica in Toscana, abbiamo ancora bisogno degli impianti esistenti ma inun’ottica transitoria e di superamento. Vogliamo diventare un’eccellenzadell’economia circolare facendo leva sui distretti industriali del territorio,che sono molto maturi – quello pratese ad esempio fa economia circolare dacent’anni –,
e penso sia dunque importante occuparsi anche di quella parte dirifiuti sui quali noi non esprimiamo una competenza diretta (i rifiutispeciali, ndr) ma possiamo giocare un ruolo importante di regia».Come mostrano anche gli scarti tessili pure dalle migliorie economie circolariesitano però nuovi rifiuti, che devono poi essere gestiti. Per gli urbani ledirettive Ue ad esempio lasciano il 25% di spazio al recupero energetico mentrela termovalorizzazione in Toscana è al 10%, e anche guardando ai rifiutispeciali ci sono ampi deficit impiantistici: si parla dell’equivalente di oltre8mila tir di rifiuti in uscita dai confini regionali ogni anno. Il Prbaffronterà questi gap?«Dovremmo senz’altro ed è uno dei temi principali che dobbiamo porci. Il Prbriguarda la pianificazione dei rifiuti urbani e per noi è uno strumentoovviamente indispensabile, ma serve andare oltre. Per norma nazionale lagestione dei rifiuti speciali è rimandata alle logiche di mercato e dunque sonoliberi di circolare sul territorio nazionale e internazionale, però noi nonvogliamo sottrarci nemmeno a questa sfida: l’obiettivo del Prb sarà quello dimassimizzare le forme di riciclo anche per gli scarti produttivi. Va portatoavanti e potenziato il percorso già avviato coi principali distretti toscaninella scorsa legislatura, al fine di individuare le soluzioni tecnologiche edimpiantistiche necessarie ad evitare che i rifiuti speciali, solo perché lalegge lo consente, vengano esportati. Al contempo vorremmo anche trasformare ilpiù possibile i rifiuti urbani in speciali, per poi avviarli a recuperoall’interno di cicli produttivi presenti sul territorio; in questo modo irifiuti urbani che dovranno essere gestiti nell’ambito del Prb saranno meno.Sono dunque convinta che le necessità di smaltimento per chiudere il ciclo deirifiuti, che ovviamente ci sono, saranno sempre più marginali. Parlo dellediscariche ma anche dei termovalorizzatori: tra i più vetusti ne chiuderemodiversi nei tempi previsti – penso ad esempio a Montale e Livorno –, sarannosufficienti gli altri che già abbiamo».Se alcuni impianti chiuderanno è dunque possibile che altri siano soggetti arevamping?«Assolutamente, rispetto a quanto dicevo precedentemente alcune operazioni direvamping saranno funzionali al sistema che intendiamo proporre per la Toscana,in un’ottica di chiusura del ciclo di gestione rifiuti più ampia e articolata».Come si articolerà l’applicazione del Prb sui territori?«Passando da una battaglia che ho condotto già in Consiglio regionale che èquella di procedere alla realizzazione di un Ato unico per i rifiuti al qualeaffidare la parte di pianificazione generale, mentre vorrei dotare ilterritorio regionale di più sub-ambiti ai quali affidare la gestione rifiuti,perché è giusto che sia più vicina i territori, che conoscono le esigenze e lepeculiarità locali».Prima ha accennato all’importanza primaria di puntare al riciclo, un compartoperò che a livello nazionale non è ancora incentivato. La Regione ha intenzionedi varare politiche di sostegno, ad esempio rafforzando il Gpp o ancheattraverso forme d’incentivazione diretta come già accaduto anni fa per ilplasmix?«Sì, senz’altro. Nella scorsa legislatura, oltre ad aver inserito i principidell’economia circolare nello Statuto della Regione – che è un po’ la nostraCarta costituzionale – abbiamo approvato una legge sempre a mia prima firma chevuole rendere questi principi trasversali alla Pa. Quindi punteremo sugliacquisti verdi, ma anche meccanismi d’incentivo (e disincentivo) ai privatirientreranno tra gli strumenti che adotteremo».L’economia circolare porta ampie possibilità d’investimento ma, più ingenerale, ammodernare la dotazione impiantistica per l’erogazione dei servizipubblici – come acqua, ambiente, energia, tpl – può rappresentare unostraordinario volano di sviluppo sostenibile per la ripresa post-Covid: leimprese associate Cispel hanno avanzato proposte d’investimento da 10 miliardidi euro, chiedendo di essere messe in condizione di farli. Pensa sianod’interesse?«Assolutamente sì perché la pandemia è stata ed è un trauma globale
che haevidenziato i limiti del sistema economico attuale, e oggi più che mai ilvalore della sostenibilità va inteso in una dimensione duplice: la salvaguardiadelle risorse naturali come volano per una nuova modalità di sviluppo. Tra leproposte di investimento che hanno avanzato i settori dei servizi pubblici, noiabbiamo già fatto nostre quelle delle aziende di gestione dei rifiuti e delservizio idrico integrato, e questi input sono diventati la base su cui abbiamoorientato la nostra proposta di utilizzo delle risorse del Recovery fund cheproprio in questi giorni stiamo condividendo con la Conferenza Stato-Regioni equindi con il Governo nazionale. Operiamo dunque in un’ottica di massimacollaborazione».Il pacchetto di proposte per il Recovery fund europeo quando sarà completato?«Ci stiamo lavorando. Un primo pacchetto noi lo definiremo già nei prossimigiorni perché il Governo ci ha dato scadenze molto strette, ma passeremocomunque attraverso una fase di concertazione».Un altro capitolo fondamentale del Programma di governo riguarda la crisiclimatica: si parla di emissioni nette zero e 100% di elettricità darinnovabili entro il 2050, ricorrendo in particolare alla geotermia. Da almeno200 anni è questa la fonte rinnovabile che più di ogni altra caratterizza ilnostro territorio: pensa ci siano ancora margini di sviluppo?«Assolutamente sì. Non pensiamo solo alla geotermia, però è evidente che questarisorsa è una nostra caratteristica, perché in Toscana è dal 1904 che siproduce elettricità da fonte geotermica. Questo ovviamente dipende dallecaratteristiche eccezionali del nostro sottosuolo, non è che siamo bravi,abbiamo questa fortuna ma abbiamo saputo anche sfruttarla. La geotermia è unafonte energetica carbon neutral e attualmente copre più del 70% dell’energiaelettrica prodotta da fonti rinnovabili nella nostra regione. Quindi è chiaroche è un elemento imprescindibile nel nostro modello di sviluppo sostenibile. Imargini di sviluppo ci sono e abbiamo intenzione di utilizzarli tutti».Lo sviluppo del comparto però è da tempo frenato a causa dello stop agliincentivi causato dal Fer 1, e la scadenza delle attuali concessioni al 2024 non aiuta a fornire un quadro di riferimento stabile per gli investimenti. Comeintende muoversi la Regione su entrambi i fronti?«In continuità direi, perché la Giunta passata ha dato grande centralità allarisorsa geotermica assumendo anche posizioni molto forti e decise nei confrontidel Governo nazionale; ha richiesto infatti l’inserimento della fontegeotermica nel Fer 2, e noi adesso dobbiamo lavorare in continuità rilanciandocon maggiore forza questa richiesta, in particolare proprio in funzione dellascadenza delle concessioni al 2024. Faremo comprendere al Governo che lageotermia rappresenta certo una particolarità Toscana, ma può diventare un veroe proprio fattore di sviluppo per l’intero sistema-paese. Io sono moltoottimista su questo».Il varo del Fer 2 però è già slittato più volte, nonostante le rassicurazionidel Governo. C’è una nuova deadline?«Non ancora, ma ci stiamo lavorando».Sulle concessioni invece, Enrico Rossi un anno si disse favorevole a unaproroga ad Enel in cambio di investimenti e miglioramenti ambientali. Pensa siaun’opzione da perseguire?«Dobbiamo ancora discuterla però è sicuramente un’opzione sulla qualelavoreremo».Nonostante gli indubbi benefici legati alla sua coltivazione, la geotermia èancora oggi vittima costante di attacchi Nimby e Nimto. Si tratta di unproblema più generale, che riguarda anche le altre rinnovabili come purel’economia circolare, in tutta Italia. Alla base sembra esserci una sfiducia difondo verso le istituzioni e – secondo l’ultima edizione dell’Osservatorionimby forum – per contrastarla occorre investire in migliore informazione ecomunicazione: crede sia una lettura corretta?«Io ne sono assolutamente convinta. Credo che per recuperare un rapporto difiducia tra cittadini e istituzioni questo sia tra gli elementi essenziali, eforse uno dei più importanti. Sarà sicuramente una priorità del mio mandato. Maquelli dello sviluppo sostenibile sono temi comple
ssi, e per fare buonainformazione sono indispensabili anche giornalisti ben formati. Recuperarefiducia significa poi investire in trasparenza: questo significa anche metterea disposizione, senza filtri, tutta l’enorme mole di dati ambientali cheabbiamo a disposizione – e io apprezzo moltissimo il lavoro che Arpat stafacendo in questo senso e lo strumento della Relazione sullo statodell’ambiente che abbiamo messo in campo per fornire un quadro ancora piùcompleto –, ma poi questi devono anche essere resi comprensibili. Infine ècentrale promuovere una partecipazione reale della cittadinanza».In che modo?«Un sondaggio svolto di recente in Toscana rileva che più del 50% degliintervistati non è disponibile a partecipare a progetti di partecipazione,perché pensa che si tratti di iniziative di facciata che non producono effettireali nel processo di formazione della decisione. Sostanzialmente pensano diperdere tempo. Però contemporaneamente i temi dell’ambiente e dello svilupposostenibile sono ritenuti prioritari da più del 90% degli stessi intervistati,che vorrebbero trovare canali e forme per comunicare le proprie idee e leproprie opinioni. Ecco io credo si debba partire da qui. C’è voglia dipartecipare ma gli strumenti che abbiamo a disposizione non riscuotono lafiducia dei cittadini e da qui bisogna ripartire, perché è chiaro che unrapporto di fiducia va assolutamente ricostruito».Forse alla base di questa sfiducia nella partecipazione c’è anche unfraintendimento, di chi pensa che questi percorsi sfocino poi in effettideliberativi, scambiando l’esercizio della democrazia rappresentativa – dove airappresentanti va poi l’onere di decidere – con l’ascolto.«I processi partecipativi devono avere regole chiare, tempi definiti e allafine comunque una conclusione certa, altrimenti il meccanismo non funziona. Perla politica i momenti di ascolto sono fondamentali per comprendere istanze esensibilità della popolazione, senza dimenticare però che siamo noi stessi adover assumere le scelte per rispettare il mandato ricevuto e perseguirel’interesse generale, assumendoci dunque oneri e onori della decisione. Unprocesso partecipativo che si dilata oltre misura rappresenta un limite allabuona politica, rischiando solo di diventare inconcludente».Come assessore lei ha le delega anche alla Protezione civile, e sta toccandocon mano gli effetti della crisi sanitaria in corso. La pandemia è iniziataperò con uno spill-over, e mettendo ancor più in evidenza la necessità dipreservare l’equilibrio tra esseri umani e il resto della biodiversità pertutelare la nostra di salute, ancor prima di quella del pianeta. Le areeprotette toscane hanno vissuto fasi abbastanza critiche negli ultimi anni, cosaintende fare per rilanciarle?«Il 10% del territorio toscano è coperto da aree protette, e anche gliindicatori in termini di biodiversità sono confortanti. Io ritengo però che lagaranzia di tutela per le risorse ambientali non sia ancora sufficiente, nondobbiamo accontentarci. Per migliorare penso che le aree protette debbanoessere tutelate ma anche vissute, fatte proprie dai cittadini e valorizzate intermini di fruizione, anche attraverso forme di ecoturismo, che credo sia unadelle sfide che la pandemia ci mette davanti: l’obiettivo deve essere quello difar comprendere l’interdipendenza tra uomo e natura e lo si può centrareoffrendo opportunità di frequentare quei luoghi in cui le risorse naturali sonopiù fragili e preziose. La pandemia rende questa riflessione particolarmenteurgente: io ci credo molto e ho già avviato un confronto con gli assessori chehanno competenze convergenti su questi temi – quindi agricoltura e turismo –per intraprendere insieme una strada di valorizzazione, ci stiamo lavorando».