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Edizione del 02/11/2020
Estratto da pag. 1
Tutti a casa alle 18 e lockdown territoriali Braccio di ferro Conte-Regioni: il Dpcm slitta - Cronaca
di Alessandro Farruggia
Il Cts è stato chiaro. Nel parere fornito sabato notte al governo ha detto che oggi non serve un lockdown nazionale, ma una strategia omogenea con interventi coordinati che preveda chiusure a livello sub regionale o provinciale laddove il livello di Rt è più alto, possibilmente accompagnati da una stretta sulla capienza massima dei trasporti pubblici (raccomandazione più volte fatta dal Cts e mai accolta) e da un aumento dei Covid hotel. Ma non sarà facile.
Ieri il governo ha visto i presidenti delle Regioni, che non vogliono avere il cerino in mano e si sono schierati in larga maggioranza contro lockdown regionali o provinciali. Il braccio di ferro tra governo e Regioni è teso, tanto che la firma del Dpcm potrebbe slittare a domani. "Se bisogna fare un lockdown, allora sia nazionale e non territoriale: il virus è ormai diffuso su tutto il territorio, e poi se fermiamo Milano fermiamo l’intera regione" ha detto il governatore lombardo Attilio Fontana. Con lui anche il ligure Toti. "La logica della chiusura di singoli territori – ha osservato il governatore Pd della Campania, De Luca – non ha senso perché è praticamente inapplicabile e poi l’epidemia è ormai diffusa e le differenze hanno un ritardo di tre giorni. Di che parliamo?". "Le Regioni – ha osservato il governatore dell’Abruzzo, Marco Marsili – dicono che fare provvedimenti localizzati, come la chiusura di grandi aree metropolitane che oggi mostrano gli indici più alti, è poco efficace, poco utile e difficilmente gestibile". "Un lockdown generalizzato – ha convenuto il governatore del Veneto, Luca Zaia – non è sostenibile e non serve. Decidiamo misure nazionali e poi chi lo ritiene aggiunga restrizioni". Anche il presidente della Conferenza delle Regioni e governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, spalleggiato dal governatore della Puglia, Michele Emiliano, e quello della Toscana, Eugenio Giani, ha chiesto misure nazionali, proponendo un lockdown alle 18, la chiusura dei centri commerciali nel weekend e restrizioni per le slot machine nei bar. Ma il presidente del Consiglio Conte, impegnato per ore in un vertice coi capi delegazione i capigruppo di maggioranza ha una linea: misure più restrittive sulla base della diffusione territoriale del Covid e non provvedimenti nazionali uguali per tutti. Le tre aree a rischio ’zona rossa’ sono Lombardia, Piemonte e Calabria. Oggi il premier sentirà i capi delegazione, deciderà e riferirà alla Camera alle 12, e al Senato alle 17. "Le griglie del provvedimento – osservano a Palazzo Chigi – prevedono alcune misure di carattere nazionale e altre lasciate alle Regioni sulla base di una valutazione dell’indice locale di Rt, la trasmissione del virus". Bar e ristoranti chiusi anche a pranzo, negozi chiusi (tranne le farmacie, i tabacchi e gli alimentari), smart working per tutta la pubblica amministrazione, coprifuoco alle 18 e didattica a distanza dalla seconda media all’ultimo anno delle superiori: sono queste alcune delle misure per le regioni ad alto rischio.
Tra le azioni restrittive che sono sul tavolo del governo ci sono l’interruzione della mobilità interregionale, fatto salvo motivi di lavoro, salute o altra urgenza, la chiusura dei centri commerciali nei weekend, la didattica a distanza dalla seconda media con la mascherina sempre in aula e il coprifuoco alle 18, con due diverse ipotesi o ’semplice’ chiusura di tutte le attività (più probabile) con eccezioni per negozi di generi alimentari oppure linea dura col divieto di circolazione. Disco verde anche alla "forte raccomandazione" agli over 70 a rimanere a casa. Ma il Dpcm sarà su due livelli. E il ministro della Cultura, Franceschini, annuncia: "Anche i musei sono a rischio".
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