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Dir. Resp.
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Edizione del 26/10/2020
Estratto da pag. 1
Il lockdown morbido previsto nel nuovo Dpcm del governo Conte apre un braccio di ferro Conte-Regioni tutto incentrato sulla chiusura di bar e ristoranti: perché chiudere tutto alle 18? Una misura priva di senso. Così le Regioni premono perché i ristoranti possano restare aperti fino alle 23. Altro motivo di scontro la chiusura domenicale. Le Regioni non sono d’accordo. Così come preferirebbero evitare lo stop a palestre, piscine, cinema e teatri.
Sarà data garanzia di ristoro per tutte quelle attività che dovranno limitare per alcune giorni o settimane le proprie attività, ha promesso il ministro delle Regioni, Francesco Boccia, durante il vertice con i governatori sulle misure anti Covid. Ma le promesse non bastano più dinanzi a un quadro di malcontento sociale che da un momento all’altro può sfociare in violente manifestazioni di protesta, com’è già avvenuto.
Il governo sta valutando infine la possibilità di limitare gli spostamenti tra le Regioni. Il premier Giuseppe Conte, raccontano fonti parlamentari di centrodestra, avrebbe fatto questa ipotesi durante la riunione con i capigruppo di maggioranza e opposizione, che avrebbero manifestato tutte le loro perplessità in proposito. Altro motivo di disaccordo la scuola. Il governo preme per la didattica a distanza al 75% per le superiori ma le Regioni chiedono che la dad sia al 100%.
‘Abbiamo davanti alcune settimane complicate. Dobbiamo contenere il Covid e dobbiamo salvare il Natale per i nostri commercianti. Quindi dobbiamo piegare l’infezione prima che arrivi quel periodo’, ha detto il governatore della Liguria Giovanni Toti nella diretta Facebook dopo l’incontro della Conferenza delle Regioni con il governo: ‘Dobbiamo proteggere i nostri sanitari ma dobbiamo anche difendere la nostra economia. Sui bar e ristoranti ci siamo concentrati molto. La proposta del governo prevede la chiusura di tutte le attività di somministrazione di alimenti e bevande dalle ore 18. Noi abbiamo chiesto di rivalutare questa opzione, chiedendo una differenziazione di orario. Un bar che lavora fino alle 18 ha comunque un incasso nel giorno. Un ristorante che vede preclusa la possibilità di lavorare a cena ha solo un turno di clienti a disposizione. E questo per noi è poco giusto e non aiuta probabilmente il contenimento del virus. Al governo abbiamo chiesto di non chiudere i confini regionali, comunali e provinciali. Ci sono persone che si spostano, per andare a lavoro o a scuola. Chiudere i confini non solo è ingiusto ma anche infattibile e incontrollabile. Sulla scuola abbiamo chiesto il 100% di didattica a distanza per gli ultimi anni delle superiori. Diamoci regole semplici ed evitiamo di ricascare nelle autocertificazioni che fanno impazzire i cittadini e chi deve fare i controlli’.
Conte il Dpcm lo ha firmato, ignorando le proposte delle Regioni su bar e ristoranti con chiusura alle 23 anziché alle 18. Invece bar e ristoranti chiuderanno alle 18 ma potranno aprire la domenica, mentre secondo una prima ipotesi la domenica dovevano restare chiusi.
Il nuovo Dpcm prevede che le attività dei servizi di ristorazione (tra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie e pasticcerie) sono consentite dalle 5 del mattino fino alle 18 del pomeriggio. Il consumo al tavolo è consentito per un massimo di quattro persone per tavolo, salvo che siano tutti conviventi. Dopo le 18 è vietato il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico. Resta consentita senza limiti di orario la ristorazione negli alberghi e in altre strutture ricettive limitatamente ai propri clienti, che siano ivi alloggiati. Il provvedimento, come noto, resterà in vigore fino al 24 novembre.
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, intervistato dal ‘Corriere della Sera’ afferma che dall’inizio del lockdown ad oggi sono stati già persi 24 miliardi di euro di fatturato. E con le attuali nuove limitazioni potrebbero perdersi 470 milioni al mese, con il rischio chiusura per 50 mila imprese. A essere maggiormente colpita è tutta la filiera del turismo: la
quasi totale assenza di turisti stranieri, tra luglio e settembre, si è tradotta in una perdita di circa 14 miliardi di spesa.
Come ricorda Sangalli, nel trimestre luglio-settembre tutti i principali indicatori, dalla produzione industriale all’occupazione fino alla fiducia di famiglie e imprese, hanno registrato un recupero che si traduce in qualche timido, molto timido, segnale di ripresa. E infatti le ultime stime del nostro Ufficio studi vedono una crescita del Pil ad ottobre dello 0,9%. In ogni caso le nostre previsioni per l’anno in corso restano fortemente negative con un Pil in calo del 9,3%. Ma è evidente – aggiunge il presidente di Confcommercio – che se la situazione dovesse peggiorare rischiamo di avere una contrazione ben superiore al 10%”. Per cui, dice ancora, servono indennizzi proporzionati alle perdite subite per mettere le imprese penalizzate dalla seconda crisi Covid nelle condizioni di superare il crollo di fatturati.