linkiesta.it
Dir. Resp.
Tiratura: n.d. - Diffusione: n.d. - Lettori: 14760
Edizione del 26/10/2020
Estratto da pag. 1
La protesta di ristoranti, cinema, teatri e palestre
Cinema, teatri e palestre chiuse. Bar e ristoranti obbligati ad abbassare le serrande alle 18. Il governo ha varato il nuovo dpcm, in vigore da oggi fino al 24 novembre. «Noi non rincorriamo il virus, è il virus che corre molto veloce», dice il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dopo aver scoperto anche la positività al Covid-19 del suo portavoce Rocco Casalino. Ma le promesse sulla salvaguardia del Natale e il vaccino non bastano, e subito esplodono le polemiche e le proteste.

A farsi sentire è soprattutto il mondo della cultura. Le parole usate da Conte in conferenza stampa – «La decisione sulle categorie culturali come teatri e cinema è stata una delle più sofferte» – non sono bastate. Come per la ristorazione e il mondo dello sport, dopo il lockdown si sono fatti investimenti per rispettare le regole anti-contagio. E questa nuova chiusura brucia. Gli ulteriori mancati introiti fanno paura: solo nel mondo dello spettacolo, gli operatori stimano a novembre una perdita di 64 milioni di euro.

«I luoghi di spettacolo si sono rivelati tra i più sicuri spazi di aggregazione sociale, abbiamo sostenuto onerosi investimenti per elevare il livello di prevenzione», spiega Carlo Fontana, presidente dell’Agis, che ieri ha inviato una lettera a Conte e al ministro della Cultura Dario Franceschini. Su quasi 3mila spettacoli dal vivo organizzati tra il 15 giugno e il 3 ottobre, con più di 300mila spettatori, si è registrato un solo caso. Il report è stato consegnato al governo, ma evidentemente non è bastato.

Registi, sceneggiatori e sigle del comparto hanno firmato una lettera aperta per chiedere l’apertura di un tavolo di confronto. Sui social è un coro di proteste di cantanti e musicisti. L’invito alla riapertura di sale cinematografiche e teatri è arrivato anche in una lettera di dieci assessori alla Cultura, primo firmatario quello di Roma Capitale Luca Bergamo. E Walter Veltroni, intervistato a Che tempo che fa, si è chiesto se «sia giusto autorizzare le messe e non i teatri e i cinema dove non c’è stato alcunché».

Stessi discorsi nel mondo dello sport. Il ministro Vincenzo Spadafora ha spiegato che la logica delle chiusure di palestre e piscine è quella di ridurre le motivazioni a uscire di casa. Ma non bastano le promesse di aiuti e ristori immediati a calmare le acque.

Le categorie sono infuriate, il ricordo dei ritardi sull’arrivo della cassa integrazione e dei bonus è troppo fresco. Le critiche sono arrivate subito da Confindustria e Confesercenti. «Faccio fatica a capire qual è la direzione», ha detto Carlo Bonomi. Regioni e Comuni si dimostrano subito contrari al nuovo dpcm, a prescindere dal colore politico.

I governatori regionali avevano inviato al premier una lettera con le controproposte: di tutto l’elenco, il governo ha accettato di salvare solo l’apertura domenicale di bar e ristoranti, ma sempre e solo fino alle 18. Con il governatore campano Vincenzo De Luca che sul Corriere continua a ripetere invece che si tratta solo di misure parziali che non basteranno a fermare i contagi, tornando a chiedere la chiusura delle scuole e la didattica a distanza per tutti.

E l’opposizione è pronta a cavalcare la protesta. Matteo Salvini – dopo aver convocato convocato i tanti governatori di centrodestra – in un’intervista su “La Verità” annuncia che proporrà di istituire un Comitato tecnico scientifico alternativo: «Lo proporremo in Parlamento: dieci scienziati, ovviamente autorevoli, che possano fornire un’altra voce rispetto a quella ufficiale».

Ma l’insoddisfazione aleggia anche nella maggioranza. Il ministro della Salute Roberto Speranza aveva chiesto di estendere la “zona arancione” a tutto il Paese, con “zone rosse” per le aree più critiche. Spadafora ha provato fino all’ultimo a salvare le imprese dello sport, senza riuscirci. Mentre Italia Viva ha già lanciato una petizione per chiedere la riapertura di cinema, teatri, palestre e piscine.

Il nostro giornale è gratuito e accessibile a tutti, ma per mantenere l’indipendenza abb
iamo anche bisogno dell’aiuto dei lettori. Siamo sicuri che arriverà perché chi ci legge sa che un giornale d’opinione è un ingrediente necessario per una società adulta.

Se credi che Linkiesta e le altre testate che abbiamo lanciato, Europea, Gastronomika e la newsletter Corona Economy, siano uno strumento utile, questo è il momento di darci una mano. 

Entra nel Club degli amici de Linkiesta e grazie comunque.

Linkiesta.it S.r.l. Sede Legale: Via Brera 8 – 20121 Milano Numero di partita IVA e numero d’iscrizione al Registro Imprese 07149220969 del Registro delle Imprese di Milano Registrazione presso il Tribunale di Milano, n. 293 del 26 Maggio 2010