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Edizione del 26/10/2020
Estratto da pag. 1
Si può potenziare il trasporto pubblico con mezzi privati?
Il ritorno a scuola e la riapertura degli uffici ha riacceso il dibattito sul trasporto pubblico, il sovraffollamento di autobus e treni metropolitani e il rischio di contagio. Attualmente i mezzi pubblici, secondo un recente monitoraggio del Ministero dei Trasporti, viaggiano al 55% della capienza. Ma le criticità si riscontrano quando si intrecciano due fattori: le ore di punta e le grandi città, ad esempio nelle fasce orarie del mattino in cui coincidono gli ingressi di scuole e uffici. Per ovviare a questo problema sono state messe sul tavolo principalmente due soluzioni: potenziare il trasporto pubblico e scaglionare gli ingressi per scuole e uffici.

Sul primo punto una delle proposte più forti al momento sembra quella di incrementare il parco mezzi utilizzando quello dei servizi di trasporto passeggeri non di linea. Si tratta di migliaia di autisti, bus e pullman attualmente fermi in rimessa a causa del crollo verticale del mercato.

«Non si capisce come mai in sette mesi Regioni e Comuni non siano riusciti a stipulare un accordo di questo tipo a sostegno del tpl», dice a Linkiesta Dario Balotta, presidente dell’Osservatorio nazionale su liberalizzazioni e trasporti (Onlit).

«Le associazioni sindacali delle aziende pubbliche e private – aggiunge Balotta – si sono proposte di procedere con il subappalto. Regioni e Comuni, che spesso sono proprietari delle aziende, non hanno però ritenuto questa opzione necessaria perché contavano sulla riduzione della richiesta di servizio di trasporto pubblico indotta dalla pandemia».

Ad ogni modo, la soluzione con l’impiego di mezzi privati sembra praticabile. Lo spiega a Linkiesta il presidente dell’Associazione nazionale autotrasporto viaggiatori (Anav) Giuseppe Vinella: «È una soluzione praticabile, e alcune Regioni l’hanno già attivata. Ad oggi sono stati già messi in strada a supporto dei servizi di trasporto pubblico e di trasporto scolastico dedicato circa 1.800 autobus delle imprese di trasporto turistico, che hanno consentito di potenziare oltre 4mila tratte a elevata frequentazione».

Vinella sottolinea che gli autobus da noleggio siano circa 23mila, in larga parte inutilizzati per effetto della crisi della mobilità turistica. Insistere su questa strada accontenterebbe tutte le parti in causa, «e si potrebbe incrementare il numero di autobus turistici in circolazione in tempi relativamente brevi, in quanto già a terra e disponibili», dice Vinella.

Per potenziare il parco mezzi si è pensato anche di affiancare agli autobus del tpl i mezzi dell’esercito, come richiesto dai Verdi a Roma: «A Zingaretti e Raggi chiediamo di risolvere urgentemente la questione del trasporto pubblico arruolando, tramite i prefetti, il parco mezzi dell’Esercito e stipulando convenzioni regionali con le compagnie di pullman turistici, la cui operatività è ridotta a causa del crollo del turismo», si legge nel comunicato firmato dai co-portavoce dei Verdi del Lazio e di Roma Nando Bonessio e Guglielmo Calcerano.

Una misura che secondo fonti interne al ministero dei Trasporti sentite da Linkiesta potrebbe eventualmente essere messa in campo in breve tempo. Ma dal ministero della Difesa riferiscono che l’operazione, per quanto non particolarmente complessa, non sarebbe necessariamente immediata: in caso di richiesta da parte del ministero dei Trasporti – che ancora non c’è stata – la Difesa dovrebbe chiedere allo Stato Maggiore di mettere a disposizione mezzi da adibire al trasporto pubblico in base alle necessità: una questione che non si risolve nel giro di qualche ora.

Anche da Uil Trasporti Lombardia fanno sapere che oggi il potenziamento dei mezzi pubblici in alcune fasce orarie sembra una soluzione sempre più necessaria. Dal sindacato segnalano però un difetto organizzativo: «Il ministero dei Trasporti ha già stanziato circa 300 milioni di euro per questo scopo, ma la responsabilità di mettere in pratica certi provvedimenti è di Comuni e Regioni, che magari decidono di usare i soldi ricevuti per colmare dei buchi nel
bilancio e non li destinano a nuovi mezzi», dice Carmine Minniti, segretario di Uil Trasporti Lombardia.

Il punto è che a livello regionale e comunale non tutti sono d’accordo con la necessità di aumentare le corse e i mezzi in circolazione. L’assessore alla mobilità di Milano, Marco Granelli, dice a Linkiesta che «al momento non sembra necessario ricorrere a imprese di trasporto non di linea, considerando che mediamente i nostri treni, bus e tram viaggiano al di sotto dei limiti consentiti».

Il trasporto pubblico non si è mai fermato anche quando i mezzi circolavano praticamente vuoti e l’assessore sottolinea come ancora adesso il riempimento dei mezzi nel Comune non supera il 54%, ben al di sotto dell’80% previsto dal Ministero dei Trasporti. «In metropolitana – spiega l’assessore – quotidianamente vengono ricalibrati i sistemi di conteggio automatico dei passeggeri ai tornelli: se il numero di utenti supera la soglia prevista, il tornello si blocca. Il calcolo viene effettuato da un sistema di elaborazione dei dati di flusso costantemente aggiornato attraverso un algoritmo».

Contagi minimi sui mezzi di trasporto in base a studi, sostiene la ministra @paola_demicheli. "Nessun Paese ha avuto un modello giusto dall'inizio alla fine. Noi ci assumiamo il rischio. Pubblicheremo a breve studio epidemiologico" #mezzorainpiù @RaiTre pic.twitter.com/LCOI1tozIo

— Mezz'ora in Più (@Mezzorainpiu) October 18, 2020

In tutto questo il ministero dei Trasporti è al lavoro anche per risolvere la questione partendo dall’altro capo: lo spiegano a Linkiesta fonti interne del Mit, che in buona sostanza si limitano a riportare quanto aveva già detto la ministra Paola De Micheli durante l’intervista a “In mezz’ora in più” la settimana scorsa. «È soprattutto un problema di percezione perché tutti gli studi internazionali rivelano che il contagio su mezzi pubblici è una percentuale minima. Allora per dare una maggior sensazione di sicurezza oltre a stanziare nuovi fondi abbiamo concordato una maggiore flessibilità sul lavoro, e un incremento dello smartworking. Tre misure che insieme garantiscono di alleggerire gli spazi sui mezzi».

Poi ci sarebbero anche una serie di misure aggiuntive indicate dal ministero: «Poiché una volta a bordo dei mezzi c’è sempre un po’ di paura ed è difficile stabilire la distanza giusta e il metro non sempre è rispettato, abbiamo previsto l’utilizzo obbligatorio della mascherina, igienizzazione degli spazi, igienizzazione delle mani, areazione. Stiamo lavorando anche per aumentare i controlli sulle banchine», aveva detto De Micheli.

I provvedimenti del ministero hanno raccolto, fin qui, un discreto apprezzamento tra agenzie di trasporto e enti locali. Il vero neo sembra quello dei tempi, come spiega a Linkiesta il segretario nazionale della Filt Cgil Maria Teresa De Benedictis: «I fondi sono stati stanziati e  questo ci fa essere ottimisti, ma c’è un ritardo importante. Noi discutiamo di queste proposte da prima dell’apertura delle scuole e non si doveva arrivare in questa situazione, in cui è ancora tutto da definire, a fine ottobre».

Parte della responsabilità, dice il segretario De Benedictis, ricade anche sugli enti locali, i quali «dovrebbero usare i fondi per riadattare le corse alla nuova domanda, non solo per colmare i vuoti a bilancio».

La palla passa così a Regioni e Comuni, e alle rispettive aziende di trasporto pubblico locale. Linkiesta ha parlato con Luca Cascone, presidente della commissione trasporti della regione Campania che ha partecipato al dibattito nazionale delle Conferenza delle Regioni. «Potenziare il parco mezzi con gli autobus turistici è un’ipotesi, ma rimane una possibilità che ogni regione e azienda può valutare in base alle proprie necessità. L’unica vera soluzione a livello nazionale è lo scaglionamento degli orari di scuole e uffici, e lo smartworking incrementato il più possibile. Perché anche se in Campania avessimo cento autobus sulla stessa tratta, chi sarebbe disposto a prendere il centesimo con il
rischio di arrivare in ritardo?», dice Cascone.

Sembra sostanzialmente accettare allora la soluzione proposta dal ministero, con una riserva però. Anche per Cascone il vero vulnus è sui tempi: «Le regioni lo stanno dicendo da aprile al ministero. Stanziare le risorse e stabilire la soglia massima di riempimento va benissimo. Sul fronte organizzativo si sono mossi in ritardo».

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