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Edizione del 14/10/2020
Estratto da pag. 1
Nella lotta al coronavirus c’è quella che viene chiamata dagli esperti “falla di sistema”: stazioni, bus, metro, treni di pendolari strapieni di passeggeri. Senza il distanziamento obbligatorio. E questo in barba alla prescrizione, ribadita dal nuovo Dpcm, di una capienza non superiore all’80%. Tant’è che il Comitato tecnico scientifico (Cts) punta l’indice sulle aziende di trasporto, definendo «un’assoluta necessità garantire i controlli a bordo di bus e metropolitane»: solo così sarà «possibile far rispettate le norme per la prevenzione degli assembramenti collegati al mancato rispetto del limite di riempimento dei mezzi».
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Il premier Giuseppe Conte, nelle ore in cui viene varata la nuova stretta, non nasconde la gravità del problema: «È una situazione sicuramente critica perché, al di là degli sforzi del contingentamento, è chiaro che ci sono momenti di affollamento. Dobbiamo evitarli, continueremo a monitorare la situazione e a investire per garantire la sicurezza». E il responsabile della Salute, Roberto Speranza: «Il problema dei trasporti esiste e non può essere sottovalutato».Insomma, è questa la nuova frontiera. Il nuovo allarme. Tant’è che verrà affrontato oggi pomeriggio in un vertice convocato dalla ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, con le associazioni delle aziende del Trasporto pubblico locale (Tpl), i rappresentanti della Conferenza delle Regioni, di Comuni e Province. «Una riunione», spiegano al ministero dei trasporti (Mit) «che servirà a capire la situazione reale e individuare le criticità. Per ora queste sono state segnalate solo sui social e sui media, non da Regioni e Comuni».LEGGI ANCHE Covid, tamponi rapidi negli studi dei medici De Micheli, a nome del governo, non si accontenterà di compiere il «monitoraggio». Esclusa per ora la riduzione della capienza all’80% (il servizio Tpl collasserebbe), insieme ai rappresentanti degli Enti locali valuterà tre soluzioni. La prima: l’introduzione degli orari scaglionati per scuole, uffici, negozi in modo da ridurre l’affollamento sui mezzi nelle ore di punta. «Un piano già lanciato in primavera, ma rimasto in gran parte nel cassetto», dice una fonte che segue il dossier. La seconda: la sospensione delle zone Ztl. La terza soluzione: l’inasprimento dei controlli nelle stazioni, come si faceva in primavera durante l’uscita dal lockdown, anche con il supporto dei volontari della Protezione civile.Scendere sotto l’80% di capienza - per il governo e anche per gli Enti locali che vedrebbero lievitare le perdite delle proprie aziende municipalizzate - al momento non è possibile. Già sono stati stanziati centinaia di milioni per i mancati introiti prodotti dal calo di passeggeri. E un’ulteriore stretta richiederebbe un nuovo esborso, tant’è che oggi gli Enti locali torneranno alla carica.Enzo De Luca, governatore della Campania, appare però deciso a scendere al 60% di capienza per limitare i rischi di contagio nella sua Regione dove il Covid sta colpendo più duro che altrove. E oggi dovrebbe comunicarlo al governo.A spingere per una riduzione della capienza è anche il Cts, che punta sul 50% per limitare il rischio-contagi. Ma l’Asstra, l’associazione che riunisce le società del Tpl, giudica impraticabile questa soluzione. La tesi: «Risulterebbe difficile continuare a conciliare il rispetto dei protocolli anti Covid-19 e garantire allo stesso tempo il diritto alla mobilità, con il conseguente rischio di fenomeni di assembramento alle fermate e alle stazioni». La spiegazione: «Con una capienza al 50% ogni giorno si impedirebbe a circa 275 mila persone» di salire su bus, metro e treni locali. E obbligando buona parte dell’utenza a fare ricorso alla mobilità privata, si potrebbero generare da oltre 42 mila a oltre 250 mila spostamenti in a
uto in più ogni giorno solo nelle ore di punta mattutine». Con conseguente congestione del traffico nelle città.LEGGI ANCHE Studenti positivi nel campus di Napoli EstEcco, dunque, che prende forza il piano per gli orari scaglionati. Una soluzione che piace alle Regioni e il presidente Stefano Bonaccini spinge per questa soluzione. Ed è gradita ai Comuni, come dimostrano le parole del presidente dell’Anci, Antonio De Caro: «Per tenere una capacità di trasporto al di sotto della soglia massima del 80% dobbiamo scaglionare gli orari di entrata e di uscita dalle scuole». Come è accettata dagli Enti locali l’incentivazione dello smart-working, finalizzata anch’essa a ridurre la congestione nel Tpl, prevista dal nuovo Dpcm. Ma a condizione di garantire aiuti economici a bar, ristoranti e negozi dei centri storici messi in ginocchio dalla mancanza di clienti, ora tenuti a lavorare in casa.Bocciata invece un’altra ricetta, proposta lunedì dai governatori, per ridurre la presenza su bus e metro: la didattica a distanza per gli studenti degli ultimi tre anni delle superiori. Su questo i ministri Lucia Azzolina (Scuola) e Francesco Boccia (Regioni) non hanno voluto sentire ragioni. E nel day-after del lungo braccio di ferro con le Regioni, la responsabile della Scuola ribadisce: «Che nei trasporti ci siano delle criticità è evidente, ma la soluzione non è certo lasciare gli studenti a casa». Ma i governatori, soprattutto quelli targati centrodestra, continuano a masticare amaro. Ultimo aggiornamento: 14 Ottobre, 07:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA