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Dir. Resp.
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Edizione del 11/10/2020
Estratto da pag. 1
Qualcosa ha iniziato a muoversi ma la confusione sotto il cielo di Romainevitabilmente rimane grande. Dopo lo stallo degli ultimi mesi – con la solaVirginia Raggi ufficialmente in campo, addirittura dallo scorso agosto –centrosinistra e centrodestra, nolenti o volenti, hanno iniziato a fare i conticon le prossime elezioni capitoline di primavera. Con una differenza di fondonon irrilevante però: che dalle parti del Nazareno è già scattata l’ora deipassi ufficiali, delle polemiche anche aspre, dei nomi probabili o improbabili(l’ultimo in ordine di uscita è quello di Fabrizio Barca, ipotizzato dalMessaggero) mentre tra i secondi sembra prevalere al momento l’attendismo,chissà, forse pure in attesa delle decisioni dei concorrenti.Differenza che pare derivare da una serie di fattori politici e, per così, direstorici. Primo tra tutti l’apprensione per l’alleanza di governo con ilMoVimento 5 Stelle, che lo stesso segretario dem, Nicola Zingaretti, ha dettopiù volte di voler rendere strutturale, salvo escludere ad ogni occasione utilel’ipotesi di una convergenza su Raggi. Che, lo ricordiamo, annunciò la suaricandidatura pochi giorni dopo l’intervista a Formiche.net con cui ilvicepresidente della Regione Lazio Daniele Leodori aprì all’accordo con ipentastellati romani ma senza l’attuale sindaco. E poi ancora la provenienzaromana di numerosi dirigenti dem di primo piano, di ieri e di oggi: dagli exsindaci e cofondatori del Pd Walter Veltroni e Francesco Rutelli, per passare aZingaretti e a Goffredo Bettino, fino a David Sassoli, Paolo Gentiloni eRoberto Gualtieri. La questione Roma, in pratica, coinvolge fortemente ancheper ragioni di provenienza geografica gli interessi della nomenclaturademocratica. Non c’è da dubitare, però, che il fattore alla basedell’accelerazione del Pd sia il terzo: la probabile candidatura nella capitaledi Carlo Calenda.Il leader di Azione per la verità non ha ancora sciolto le riserve ma il tamtam mediatico delle ultime ore, unito ai suoi numerosi tweet a gamba tesa sultema, sembrerebbe far pensare che sia prossimo ad annunciare la sua decisionedi correre per il Campidoglio. Notizia rilanciata più volte nei mesi scorsi masempre smentita dal diretto interessato che stavolta, guarda caso, ha preferitosoprassedere. L’insistenza di questa voce un effetto, intanto, pare averlosortito: la convocazione da parte del segretario romano del Pd, Andrea Casu, diun tavolo di confronto con gli alleati, in programma mercoledì prossimo,ufficialmente per parlare delle primarie. “Anche Calenda è invitato“, hannoaffermato i vertici del Partito democratico capitolino. E in effetti laquestione è tutta qui: nel caso in cui l’ex ministro dello Sviluppo economicoscegliesse davvero di candidarsi, sarebbe pronto a farlo anche fuori dalcentrosinistra? Ovvero, accetterebbe di sfidare eventualmente pure il nomealternativo scelto dal Nazareno e dai suoi alleati?Domande la cui risposta potrebbe influire fortemente sull’esito delle prossimeelezioni. Perché alla fine le eventuali divisioni potrebbero andare a tuttovantaggio del centrodestra e anche di Virginia Raggi. A questo punto, dunque,gli scenari possibili nel centrosinistra sembrerebbero tre: la candidaturaunitaria del leader di Azione, la scelta di un nome più forte del suo in gradodi mettere d’accordo tutti e di rendere vano il suo eventuale tentativo insolitaria (ma è difficile, già i big romani stavano facendo a gara a sfilarsi,figuriamoci adesso) oppure, terzo scenario, una competizione nella competizionetra i dem e i loro alleati e l’ex ministro dello Sviluppo economico, il qualein questo caso non è affatto escluso possa ricevere l’appoggio di Italia Viva(che a Roma è rappresentata dai deputati capitolini Roberto Giachetti e LucianoNobili). Un po’ come successe nel 2016 nel centrodestra quando Forza Italia sischierò al fianco di Alfio Marchini e Lega e Fratelli d’Italia avanzarono lacandidatura di Giorgia Meloni, con la conseguenza di mancare entrambi ilballottaggio.Situazione che sembra potersi escludere si ripeterà quest’anno: SilvioBerlusconi, Giorgia Meloni e Matt
eo Salvini, alla fine, troveranno un nomecondiviso. Già, ma quale? L’unica indicazione che si può trarre finora è chenon dovrebbe trattarsi di un politico di professione. Per il resto anche quisiamo nel campo delle ipotesi, si va dal profilo manageriale – i piùaccreditati in questa fase sono l’ex presidente degli industriali romaniAurelio Regina e l’ex numero uno di Acea e Camera di Commercio di RomaGiancarlo Cremonesi – fino al mondo della televisione e del giornalismo. Negliultimi giorni a circolare con più insistenza è stata la voce – rilanciata perprimo da Mario Ajello sul Messaggero – che vorrebbe Massimo Giletti prossimocandidato sindaco del centrodestra. Lo stesso conduttore tv è stato al gioco –“Ogni tre mesi mi spostano da Torino a Roma a Palermo: mi fa sorridere che miaccoppino a tutte le città ma non smentisco”, ha commentato sornione su Rtl102.5 – ma, in passato, non aveva escluso una sua possibile esperienza inpolitica. Sembrerebbe persino che a La7 si siano già messi in moto perriorganizzare i palinsesti nel caso in cui il conduttore di Non è l’Arenaoptasse per la corsa al Campidoglio. Al quale nelle ultime ore Forza Italiaavrebbe candidato, per bocca del deputato Andrea Ruggieri, un altro volto notodel giornalismo: il conduttore di Quarta Repubblica, e firma del Giornale,Nicola Porro. “Perché non lui. E’ romano, è uno capace di allargare il campo,un vero liberalizzatore, per non dire delle sue notevoli capacitàcomunicative”, il virgolettato di Ruggieri riferito sempre dal Messaggero.L’impressione, comunque, è che nel centrodestra abbiano molta meno fretta discegliere di quanto non ce ne sia nel Pd (incalzato appunto da Calenda), cometraspare pure dalle parole del senatore leghista, e uomo forte di Salvini aRoma e nel Lazio, Claudio Durigon, riportate dal Corriere della Sera: “Giletticorrisponde all’identikit, ma non si è ancora parlato di nomi, li avremo entroi primi di novembre”. Un modo per prendere tempo e, perché no, per capire cosasuccederà nel frattempo nel centrosinistra, così da calibrare le scelte. E’chiaro, ad esempio, che nell’ipotesi di una candidatura unitaria di Calendaavrebbe molto meno senso per il centrodestra scegliere un manager, in fondo unprofilo abbastanza simile a quello del fondatore di Azione.E Virginia Raggi? Il sindaco in carica è già in campo e prosegue la suacampagna elettorale. Tuttavia, oltre a rischiare inevitabilmente contraccolpiderivanti dal clima infuocato che si respira all’interno del movimento alivello nazionale, si trova anche a fare i conti con i mal di pancia di unaparte non irrilevante dei pentastellati romani. Come hanno scritto sul sitodell’agenzia di stampa Agi Paolo Molinari e Andrea Managò, tra i cinquestellecapitolini, Roberta Lombardi in testa, sarebbero in molti a spingere perchél’attuale cittadino non si ricandidi. “Al momento si tratta di una ipotesisuggerita da una manciata di consiglieri comunali e regionali e ferma allastruttura locale del movimento”, ma vista la confusione non si sa mai. Lastrada verso il Campidoglio è lastricata di dubbi.