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Edizione del 23/09/2020
Estratto da pag. 1
Salvini, un uomo meno solo al comando
Il dopo voto della Lega: nasce un coordinamento regionale tra i territori (una cabina di regia) e una segreteria politica che affiancherà il leader. Ira per l''uscita di Toti e primi screzi con la Meloni su Roma
Tutti i territori portano a Roma, intesa come Campidoglio, ma anche e soprattutto come Palazzo Chigi. E la strada verso l’obiettivo passa per una parola che a Matteo Salvini ha sempre dato l’orticaria: collegialità. In una botta sola, sulla scia della “mancata vittoria” alle Regionali, la Lega si dota di ben due nuovi organismi. Un coordinamento regionale tra i territori, una specie di “cabina di regia” o “governo ombra” - anche se ai leghisti questa definizione non piace - che dalla periferia raggiunga il centro senza lasciare aree di eccessiva “autogestione”. E comincia a lavorare su una segreteria politica, che sarà varata ufficialmente tra 10-15 giorni e che affiancherà il leader nella definizione dell’agenda politica. Come quella che, all’epoca di Umberto Bossi, era guidata da Bobo Maroni. Se non la fine di un uomo solo al comando, è comunque l’inizio della “fase due” per il Capitano che si è reso conto di dover cambiare strategia per passare da capo in pectore dell’opposizione a candidato premier con chances di farcela. “E’ un momento in cui la società habisogno di risposte precise. Abbiamo creato dei Dipartimenti. Quindi non c’è Salvini, c’è Salvini che parte di una squadra con centinaia di brave persone”, ha spiegato Matteo Salvini a Porta a Porta. “C’è - annuncia- il dipartimento per la disabilità con Locatelli, ci sarà uno sull’agricoltura e il turismo... Quindi ci stiamo organizzando come un partito vecchia maniera. Non credo al partito di plastica, alla piattaforma Rosseau e al partito spot, credo ai consiglieri comunali e regionali. Ci stiamo organizzando paese per paese”.

In una lunga riunione con tutti i suoi coordinatori regionali – presenti anche i capigruppo di Senato Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari, Giancarlo Giorgetti con cui il saluto è stato affettuoso – Matteo Salvini ha tracciato la road map per i prossimi due anni e mezzo: “Si riparte dai territori, da comuni e regioni per incalzare il governo su tutto”. Scuola, lavoro, imprese, agricoltura, aiuti alle famiglie, fisco, immigrazione. Già da domani, cominciando a incontrare gli eletti del Carroccio nelle Marche. Perché il leader è apparso rassegnato alla scadenza naturale della legislatura, ma pronto a qualsiasi evenienza se la crisi nei Cinquestelle finisse per acuirsi: “Questi litigano su tutto, il Parlamento non fa nulla, sono fermi”.

Ecco perché, bisogna contrattaccare. Anche per attutire i dubbi sorti dopo le Regionali. Se ieri è stato il giorno dello stordimento, oggi l’umore è virato all’ira. Il Capitano si è sfogato con i suoi: mi sono impegnato senza risparmiarmi – la sostanza del suo discorso – non può essere che dove perdiamo è colpa mia e dove vinciamo merito di altri. E stavolta, non ce l’aveva con Luca Zaia quanto con l’intervista di Giovanni Toti al Corriere della Sera, che attribuiva a Salvini i numeri, ma non la capacità di gestire la coalizione invitandolo a “togliersi la maglia della Lega” per indossare quella dell’intero centrodestra. Un’esternazione che è stata considerata “fuoco amico”, ha lasciato stupefatto “Matteo” ha provocato molti mugugni tra i suoi colonnelli. “Se non era per Matteo, Toti non sarebbe dov’è – ha sibilato Edoardo Rixi, coordinatore ligure che ha portato molti voti al bis dell’”amico Giovanni” - E’ uno scivolone mediatico frutto di poca lucidità post ubriacatura elettorale”. Tra social e interviste, Toti ha passato la giornata a spiegare che il suo era un suggerimento in buona fede, ma il gelo è rimasto: “Cambiare maglia? Ogni cosa a suo tempo. Ognuno le mette e toglie a seconda delle stagioni” è stata l’ambigua risposta.

Intanto, qualcosa cambierà nella Lega. Anche se, il peso della segreteria politica si misurerà con i componenti: a capo potrà esserci una personalità autonoma come Giancarlo Giorgetti oppure un fedelissimo. E il coordinamento regionale per funzionare, più che fabbricare dossier utili a mettere in difficoltà il governo, dovrà imbrigliare e incardinare le velleità di governatori – e magari sindaci - troppo ambiziosi. “Ma no, è un doveroso inizio di
coordinamento dopo lunghe campagne elettorali che lasciavano a volte i territori un po’ troppo privi di linee da seguire” minimizza un parlamentare salviniano. Insomma: il Capitano ha energia da vendere, ma gli toccherà imparare a delegare (qualcosina).

Viceversa, con Giorgia Meloni Salvini – dopo aver martellato sulla scelta sbagliata del “suo” Raffaele Fitto in Puglia – ha cercato la distensione: “Non credo si rivolgesse a me per il mancato gioco di squadra”. La verità è che si ritrova esposto su tutti i fronti – con esponenti di Forza Italia che rivendicano l’assenza di un’area moderata tra le cause della debolezza della coalizione – e non può indebolire troppo l’asse “sovranista” con FdI. La prossima tornata elettorale saranno le comunali del 2021: meno di un anno per costruire candidature comuni con radici solide. Roma è in cima ai pensieri: se Pd e M5S dovessero rimanere incagliati (e separati) su Virginia Raggi, la destra si vedrebbe servito il Campidoglio su un vassoio d’argento. Ecco perché, sottotraccia, la mobilitazione è già partita. La dichiarazione di Salvini che il potenziale sindaco possa provenire dal mondo delle imprese o delle professioni ha scatenato un putiferio nei dirigenti locali. Anche perché nella ripartizione interna delle caselle, quel posto spetta a Fratelli d’Italia, dove qualcuno l’ha letto come un endorsement per Giulia Bongiorno. In realtà, un’intesa di coalizione potrebbe essere facilmente raggiunta sul nome di Guido Crosetto, coordinatore nazionale meloniano corteggiato anche dai padani con la benevolenza dei forzisti. Se non fosse che l’ex sottosegretario alla Difesa, oltre a essere piemontese di nascita, è assai poco propenso.

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