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Edizione del 12/09/2020
Estratto da pag. 1
La campanella stonata della scuola in emergenza. Tra volontà di ripartire e perplessità
E’ certo che l’anno scolastico inizierà e il 14 settembre 2020 sarà ricordato come il primo giorno della scuola covid, dell’emergenza, del distanziamento. Una data destinata a diventare spartiacque tra come si imparava prima e come si imparerà da lunedì in poi, dopo la parentesi della didattica a distanza che tra soddisfazioni e complicazioni ha consentito a milioni di studenti di ogni età di concludere lo scorso anno scolastico.
Quella che suonerà è però una campanella stonata, accompagnata dal rumore che hanno fatto gli stracci volati tra Regione Piemonte e Ufficio scolastico regionale.La responsabilità della rilevazione è stata affidata dal Governo alle singole famiglie, ma il Piemonte introduce per le scuole l’obbligo di verificarlo. E’stato fatto con un’ordinanza, firmata dal presidente Cirio, che regolamenta la misurazione della temperatura agli studenti in vista della partenza ufficiale dell’anno scolastico il 14 settembre.
In particolare, la Regione raccomanda a tutti gli istituti di misurare la temperatura agli alunni prima dell’ingresso a scuola. Qualora l’istituto, per ragioni oggettive e comprovate, non fosse nelle condizioni di farlo, dovrà prevedere un meccanismo di verifica quotidiana (attraverso una autocertificazione che potrà essere fornita sul registro elettronico, sul diario o su un apposito modulo) per controllare che la temperatura sia stata effettivamente misurata dalla famiglia.Nel caso in cui uno studente dovesse presentarsi senza tale autocertificazione, la scuola avrà l’obbligo di misurare la febbre per consentirne l’ingresso in classe.
Ordinanza che non è piaciuta all’Ufficio scolastico Regionale che ha bollato come “tardiva e impropria” l’iniziativa dell’ente. Una decisione, secondo il direttore regionale Fabrizio Manca presa “senza valutarne gli impatti” . Insomma un cambio in corsa delle regole, dettate dal Governo per la riapertura in sicurezza delle scuole, “in base alle quali i dirigenti scolastici hanno pianificato con grande fatica e complessità l’organizzazione del servizio”. Manca ha ricordato come “In molti casi, ad esempio, si sono differenziati gli orari di ingresso per evitare assembramenti con puntuali comunicazioni alle famiglie e ora i dirigenti saranno costretti a rimodularli perché dovranno considerare il tempo della misurazione e per il controllo delle autocertificazioni”. “Verrebbe da dire – ha sottolineato il direttore nella comunicazione diffusa dall’Ufficio Regionale Scolastico – che lo Stato ha fiducia e crede nella responsabilità genitoriale, la nostra Regione evidentemente no”.
Cirio non ci sta, non accettando “che si accusi la Regione di un ritardo, perché le linee guida nazionali sono arrivate solo alla fine di agosto. La nostra ordinanza sul controllo a scuola della febbre misurata a casa dalle famiglie non è una provocazione ma una tutela, una scelta di buonsenso e insistiamo sulla bontà di questa iniziativa” . Dunque chi sperava in una marcia indietro da parte della Regione resta deluso, anzi Cirio ribatte ricordando “dal primo giorno in Conferenza delle Regioni abbiamo lavorato chiedendo che lo Stato misurasse la febbre dei bambini a scuola. Lo Stato ha ordinato alle aziende di misurare la febbre ai propri dipendenti e operai prima di farli entrare, ha ordinato a tutti gli uffici di Comuni, Regioni, enti, tribunali, Asl e amministrazioni di misurare la febbre a tutti quelli che entrano e dove comanda lui, cioè a scuola, non la misura”. Polemica non sopita.Per sostenere le scuole nell’acquisto di termometri e termoscanner la Regione Piemonte ha stanziato nei giorni scorsi 500 mila euro.
“Lo strumento da solo non può operare” sottolinea Teresa Olivieri della Cisl Scuola Regione e nella lettera scritta dalle tre rappresentanze sindacali al presidente Cirio, viene evidenziato come quella del termoscanner per il controllo della temperatura a scuola sia una “bella idea” senza le condizioni per realizzarla. Scrivono “non c’è abbastanza personale, si rallentano gli ingressi, si creano ulteriori condizioni di contag
io. Se il Presidente ci avesse dato personale specificamente formato e risorse di supporto, le scuole ne avrebbero avuto un giovamento”. E fanno un esempio, quello del superbidello. “Ammettiamo che un istituto abbia più ingressi, e a ciascun ingresso lo studente viene controllato. Diamo per buono che tutti siano in fila, distanziati, nel pieno rispetto della normativa. Quanto tempo ci vuole per fare queste operazioni? Su 1200 alunni si stima un tempo di verifica di 7 secondi ciascuno: tempo complessivo 2 ore e 55 minuti per ogni mattina. Certo l’orario scolastico delle lezioni non potrebbe non risentirne”.
“Le competenze sono di ambito sanitario, non degli insegnanti quindi perché non utilizziamo quei soldi che la regione intende investire per assumere temporaneamente del personale che abbia un profilo medico che sia in grado di intervenire qualora si verificasse il caso di una febbre durante la mattinata” propone Olivieri.
“Quello che è certo è che la scuola deve iniziare, comunque – dice Elisa Trovò del Coordinamento genitori democratici nazionale – . Trovo spiacevole che con questa ordinanza la Regione dimostra di non fidarsi dei genitori e che poco o nulla si sia fatto per permettere a chi inizierà l’anno scolastico di farlo in serenità, senza aver paura di essere contagiato. L’impatto psicologico su famiglie e ragazzi di una nuova realtà è stato completamente sottovalutato”.Niente libri negli armadi, perché possono portare contagio, non ci si potrà scambiare le gomme e le penne, persino i mercanti dello scambio della merendina durante l’intervallo avranno vita dura.
“Nonostante le difficoltà l’entusiasmo è tanto – dice Stefano Colombi, insegnante di scuola primaria dell’Istituto Marconi a Collegno – perché stiamo preparando una scuola diversa, che dopo sei mesi di didattica a distanza, riaccoglierà li alunni e lo farà con una pedagogia diversa. Le mascherine, il distanziamento saranno le barriere che ci difendono ma che non ci impediranno di relazionarci, attraverso gli occhi, lo sguardo, la risata. Stiamo pensando a come garantire lo spazio tra un banco e l’altro, adeguato secondo la normativa. E’ certo un momento difficile e complesso. Ma è compito dell’insegnante far comprendere ai bambini che questo è il segnale per ripartire”.
Simone Paiano, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo Perotti Toscanini, è il preside di più di mille tra bambini e ragazzi dai tre ai quattordici anni. “Tra scuola dell’infanzia e gli altri gradi c’è differenza di gestione perché nella prima non esiste il distanziamento fisico ma quello tra sezioni. Le attività intersezionali che venivano condotte in passato, oggi non sono più possibili. Non c’è la possibilità di stazionare nell’area comune dove d’abitudine c’erano gli armadietti. I genitori che accompagnano i bambini accedono alla sezione dei loro figli direttamente – spiega, mentre sulla questione della misurazione della temperatura manifesta perplessità per quanto accaduto negli ultimi giorni tra le istituzioni. “Fino a pochi giorni fa abbiamo incontrato i genitori per spiegare loro come ci saremmo dovuti comportare. L’ordinanza della Regione ci ha disorientati – ammette ricordando poi la questione degli asintomatici, e la necessità di fare più tamponi possibili. Nonostante tutto aggiunge Paiano “E’necessario iniziare la scuola, tornare in presenza: superare il Rubicone. Noi siamo positivi nel nostro approccio a una realtà completamente nuova”.
Ugo Mander, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo Venaria 1, accoglie ogni giorno più di 1600 studenti: “Oggi sono arrivate 1500 mascherine per i bambini dai 6 ai 10 anni, sono sufficienti per il primo giorno di scuola. Non le ho ricevute per gli studenti della scuola secondaria – spiega, ricordando che è a carica della scuola la fornitura della mascherina agli studenti – . Per il personale ne abbiamo ricevute 4400 e basteranno per due settimane. Mi domando però come faremo quando sarà introdotto il tempo pieno, con mascherine che ovviamente dovranno essere raddoppiate”. E i tanto
discussi banchi con le rotelle? “Ne avevo chiesti 80, per le classi con maggior numero di studenti, affinché le norme di sicurezza lasciassero margini più ampi di movimento rispetto a quelle che ad oggi sono comunque garantite – spiega Mander – . Mi hanno detto che erano troppi, allora ne ho domandati 55 per due classi. Devo ancora riceverli. Come devo ancora ricevere gli 850 banchi singoli che ho richiesto”.
Buon anno scolastico. E incrociamo le dita.
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