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Edizione del 28/08/2020
Estratto da pag. 1
Rientro a scuola, Zaia: «Perdono tempo. A dieci giorni dall’apertura vogliamo regole certe»
Il governatore del Veneto Luca Zaia sul rientro a scuola di settembre 2020: «Noi veneti siamo un po’ “tedeschi” per mentalità: le cose devono essere...
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«Dieci giorni. Se togliamo i non lavorativi, tra dieci giorni iniziano le scuole…». Luca Zaia fa i conti rapidamente, consapevole che «la partita delle scuole è la più delicata che ci troviamo ad affrontare». Sennonché, aggiunge il presidente veneto, «è una partita che per definizione ha bisogno di progettazione e programmazione. Non di ritardi». Parla del governo? «È un dogma: sulla salute dei ragazzi non si transige. Però, è l’ennesimo esempio dell’ufficio complicazione affari semplici sempre al lavoro. Ministeri, istituti e agenzie, i Comitati tecnico scientifici… Mi ricorda l’antica Grecia, con il paziente in barella sull’agorà e ognuno che passa dice la sua. Ma qui rischiamo che il paziente muoia in attesa della cura». Se ci fosse l’autonomia, invece… «Certo. Lei scherza, ma è così. Ma al di là di tutto, al di là dell’estrazione politica di ciascuno, noi presidenti siamo sempre stati solidali e corretti, nessuno ha mai buttato il banco in aria. Però abbiamo il diritto, a dieci giorni dalla riapertura delle scuole, di vedere le bocce ferme». E invece? «Prima il dibattito sui banchi, poi quello sulle mascherine e sul niente mascherina, poi quello su raccomandazioni contro prescrizioni… Noi veneti siamo un po’ “tedeschi” per mentalità: le cose devono essere chiare. E funzionare».



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La scuola ha bisogno di regole chiare e concrete

Quali saranno le regole? «Distanziamento di un metro da bocca a bocca, mascherine obbligatorie per tutto il personale, insegnante e non, ma non per gli alunni in classe: i più giovani farebbero fatica a tenerla durante tutto l’orario scolastico. Dovranno metterla negli spostamenti, all’ingresso e all’uscita. Misurazione delle temperature all’ingresso e ventilazione dei locali. Quando andavo a scuola io, c’erano i turni per caricare la stufa. Si può fare lo stesso per aprire le finestre». Sembra facile… «Lo è, se le cose non vengono complicate. Altrimenti, c’è l’alternativa: non aprire le scuole. Non è che abbiamo bisogno di esperti o sedicenti tali per sapere che non andare a scuola o al lavoro è più sicuro. È effettivamente più sicuro: ma moriremmo di inedia». Anche in Veneto i casi sono aumentati. «La situazione è assolutamente sotto controllo. Oggi abbiamo 140 ricoverati contro i 2400 di prima, 8 persone in terapia intensiva contro le centinaia di prima. Ma il punto è semplice: abbiamo fatto 1,5 milioni di tamponi e 1,2 milioni di test rapidi. Abbiamo dunque testato quasi un terzo della popolazione. Ci sono regioni che hanno testato il 7 o l’8% degli abitanti. Il virus, se non lo cerchi, spesso non lo trovi». E poi ci sono i trasporti. «Il 13 aprile il governo ha chiuso un accordo con le parti sociali in cui è scritto che i lavoratori possono lavorare fianco a fianco anche in mille, purché usino la mascherina. Ma nella visione romana, i mille lavoratori che stanno fianco a fianco, sugli autobus devono stare distanti». Dunque, obbligo di mascherina a mezzi pieni? «Appunto. Io comprendo le preoccupazioni, sulla salute dei viaggiatori non si può scherzare. Però, ci sono due punti fondamentali. Primo, all’attuale trasporto pubblico non ci sono alternative. Non possiamo raddoppiare i mezzi che ci sono. Secondo, non possiamo lasciare i minori per la strada. Se i genitori non sanno come mandare i figli a scuola, o come andare a lavorare, tanto vale riproporre il lockdown: perché è il lockdown». In Veneto molti insegnanti chiedono di non rientrare. «Abbiamo 95mila potenziali persone da testare con il rapido, su base volontaria. Tra l’altro, il 55/60% dei medici non ha aderito all’accordo con il governo. Noi abbiamo aperto i punti di accesso rapido in cui dalle 7 alle 13 gli insegnanti possono fare il test anche se il l
oro medico di base non lo fa. E poi ci sono i soggetti a rischio per diversi motivi, che hanno un comprensibile timore per la loro salute. È un tema a cui guardo con rispetto e comprensione». E i negazionisti? Sono un problema? «Io non mi posso permettere il lusso di minimizzare: di fronte alla legge e alle persone, io ho una responsabilità. Per cui, da noi non si abbassa la guardia: mascherina e distanziamento. Dopodiché nessuno ha la sfera della verità, il virus ci ha abituato a cambi di scenario repentini, stile montagne russe. Dobbiamo sempre essere attrezzati per un peggio che speriamo non arrivi».

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