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Edizione del 27/08/2020
Estratto da pag. 1
Intesa nel governo. Soglia al 4 per cento e senatori a 25 anni - Ultime notizie di cronaca e news dall`Italia e dal mondo
Accordo tra gli alleati sui correttivi del referendum: «Ma se ne riparla dopo le Regionali del 20 settembre»
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Accordo tra gli alleati sui correttivi del referendum: «Ma se ne riparla dopo le Regionali del 20 settembre»

ROMA. La soluzione che può mettere d’accordo la maggioranza sulla legge elettorale (a bocce ferme) è un proporzionale con soglia ridotta dal 5 al 4%, per far piacere a Iv e Leu. Dopo il referendum che taglia gli eletti da 945 a 600, i giallorossi avranno motivo di sbrigarsi ad approvarla: per blindare il governo ed evitare che la destra di Salvini possa sbancare i due terzi dei seggi in caso di voto anticipato. È questo il quadro che emerge allo stato delle cose. Ma al di là di quello che otterrà, il segretario Pd Nicola Zingaretti fatica tenere il suo partito sulla linea del Sì al referendum per il taglio dei parlamentari: basta vedere la valanga di «io voto No!», che ha inondato la sua pagina Facebook dopo l’intervista al Corriere della Sera, in cui il leader dem indicava ieri il voto in una delle Camere della legge elettorale come prima condizione per votare Sì. «Deve capire che i nostri militanti non vedono l’ora di restituire qualche mazzata ai grillini», spiega un ex comunista.

Voto segreto e franchi tiratori E c’è un motivo per cui non si andrà in aula prima del 20 settembre con la legge elettorale come chiede Zingaretti. Chi ricorda i più drammatici momenti vissuti a Montecitorio, rammenta bene quando nel giugno 2017 una legge elettorale proporzionale fu impallinata da decine di franchi tiratori del Pd: venuti allo scoperto grazie ad una svista che fece apparire sul tabellone quello che doveva restare un voto segreto. È questo l’esempio che fanno i renziani: «Evitiamo un Vietnam in aula la settimana prima delle elezioni», dicono. «Sarebbe un regalo alla destra», visto che nel Pd i contrari al proporzionale sono ancora tutti al loro posto e i piccoli partiti sotto il 3% non ne vogliono sapere di fare harakiri. Come nota il diabolico Roberto Calderoli, «in aula alla Camera è consentito il voto segreto e questa legge nasce morta». La tesi dei renziani è che bisogna avere anche i voti di Forza Italia per avere più margine nei voti segreti: e per consentire agli azzurri di convergere da soli sul proporzionale, che a loro conviene, bisogna aspettare che passino le elezioni dove il centrodestra si presenta unito.

Altre riforme prima del voto Quindi Nicola Zingaretti non otterrà dai suoi alleati un voto finale di una delle Camere prima delle elezioni. «Siamo in campagna elettorale e le opposizioni sono tutte contro. Suggerisco prudenza nella tempistica», avverte Ettore Rosato di Italia Viva. Disponibile però, come la sinistra di Leu, a far passare in Commissione il testo base sul sistema proporzionale. Ma senza andare oltre. Insomma a far partire il treno.

Ma Zingaretti, oltre a poter sbandierare questa partenza, riuscirà a strappare un bottino in grado di fargli sostenere in Direzione le ragioni del Sì al referendum, che sarà la linea del partito insieme alla più salomonica libertà di voto. «I patti li rispettiamo e siamo disponibili», garantisce Vito Crimi. Prima dell’election day si possono votare dunque in aula altri correttivi essenziali per raddrizzare le storture del taglio dei parlamentari: la riforma Fornaro (dal nome del capogruppo di Leu) «per evitare che l’elettore di una regione piccola e di un partito piccolo, veda il suo voto cancellato». Una modifica che evita anche il dramma in corso da 15 anni di una doppia maggioranza tra Camera e Senato, facendo eleggere i senatori non su base regionale. E la seconda norma, pronta per essere varata in aula a Palazzo Madama è il voto ai 18enni per il Senato: con i senatori eleggibili già a 25 anni e non a 40. «Un calendario che conferma il nuovo contesto che ci ha permesso di votare sì al taglio dei parlamentari in aula», commenta soddisfatto Ceccanti. 



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